CATANIA – La sua decisione ha scosso tutta la mafia di San Cristoforo, lo storico rione catanese. Non si parlava d’altro al “passareddu” nei caldi mesi estivi del 2017. Ma quella che era solo una voce incessante nella malavita e un’indiscrezione tra i corridoi del Palazzo di Giustizia è diventato un fatto. Salvatore Bonaccorsi è diventato un collaboratore di giustizia. Alcuni dei suoi verbali sono stati depositati dal Pg nel processo d’appello Revenge 5. Nella prossima udienza l’ormai ex esponente criminale dei Carateddi, la frangia armata della cosca Cappello, sarà ascoltato come teste dell’accusa.
Salvatore Bonaccorsi, figlio del boss Concetto (arrestato lo scorso anno dalla Squadra Mobile in Toscana dopo mesi di latitanza), è finito in manette nel 2011. La polizia fece irruzione in un monolocale in piazza Campo Trincerato, nel cuore del quartiere catanese di San Cristoforo, mentre si stava svolgendo un summit. O meglio una riunione organizzativa per un omicidio. Grazie a una soffiata gli investigatori riuscirono a scoprire il covo dell’incontro e arrestare Bonaccorsi e i suoi uomini più fedeli. I poliziotti della Squadra Mobile trovarono e sequestrano anche le armi che sarebbero state utilizzate: una pistola semiautomatica e un revolver. Ma il nome del nuovo pentito (appena trentenne) nel 2015 finisce nel lungo elenco dei destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare Revenge 5: il quinto capitolo dell’indagine che ha completamente azzerato dalla cupola alla base il clan Cappello -Bonaccorsi. In particolare questo filone fotografa il gruppo di spaccio di Monte Po e il potere criminale in quello che storicamente è stata una roccaforte dei Santapaola.
Nei verbali, ricchi di omissis, il collaboratore di giustizia traccia una vera e propria linea di successione dopo il suo arresto. Un fortino che entra nell’ala di potere dei Carateddi anche grazie alla migrazione dei fratelli Strano tra le file dei “leoni” dei Cappello di Iano Lo Giudice, dei fratelli Concetto e Ignazio Bonaccorsi e Orazio Privitera. E quando gli Strano finiscono in gattabuia è Francesco Di Mauro, cognato di Marco Strano, a prendere le redini del rione. In particolare ne diventa il responsabile “nel 2012”. Ed inoltre quando il cognato torna in libertà continua ad essere lui il “capo”. E’ una strategia messa a punto per evitare a Marco Strano nuovi guai giudiziari. “Anzi proprio a questo fine il Di Mauro – afferma il pentito Bonaccorsi – si è accollato la sua responsabilità nel processo Revenge 5 nonostante la contestazione si fermasse al 2013 precisando di avere operato fino al 2015 in modo da evitare un’ulteriore condanna al cognato e concentrare su di lui la responsabilità per la gestione di Monte Po”. C’è una sorpresa però perché Francesco Di Mauro lo scorso novembre ha deciso di saltare il fosso e diventare anche lui un collaboratore di giustizia.
La linea di successione, dicevamo. Una delle piazze di spaccio che gestiva direttamente Salvatore Bonaccorsi è quella del Locu (siamo in via Scaldara, dove abita il boss Iano Lo Giudice). Ad un certo punto il figlio del Carateddu avrebbe deciso di mettere fuori dai giochi Attilio Bellia, un personaggio storico della cosca. “Dal mese di giugno 2011 fino al mio arresto del 10 agosto 2011 io, essendo libero, ho deciso di eliminare dal ruolo di responsabile Attilio Bellia, in quanto ero io il responsabile nella gestione del traffico e mi occupavo della fornitura e della cessione degli stupefacenti. Dopo il mio arresto avevo lasciato Carmelo Isaia (imputato del processo Revenge 5) come responsabile della piazza del Locu ma la cosa non fu semplice perché Antonio Bonaccorsi mise come responsabile di nuovo Bellia”. Ma la gestione Bellia pare non abbia avuto fortuna. “Peraltro la piazza andava male perché non c’era nessuno che la sapesse gestire per bene – ammette Bonaccorsi – tant’è che venne chiusa”.