PALERMO – Ventotto mila alunni in meno in tre anni. Il dato sconfortante salta fuori nel corso dell’incontro “la scuola del territorio, la scuola della comunità in Sicilia”, organizzato a Palermo dalla Cisl. Non solo dispersione scolastica, ma anche i rischi connessi alle strutture fatiscenti, la connessione fra il tessuto sociale e la scuola, l’assenza di orari prolungati o a tempo pieno: sono tanti i temi sul piatto della discussione a cui hanno partecipato Roberto Lagalla assessore regionale all’Istruzione, il sindaco Leoluca Orlando, presidente dell’Anci Sicilia, Maria Luisa Altomonte direttore dell’ufficio regionale scolastico, Maddalena Gissi segretaria generale della Cisl Scuola, Mimmo Milazzo segretario generale della Cisl Sicilia e Pietro Ragazzini segretario confederale dell’organizzazione sindacale
Francesca Bellia, segretaria generale della Cisl scuola in Sicilia, presenta i dati del report: “La Sicilia con 23,5 % dei ragazzi fra 18 e 24 anni fuori dai percorsi d’istruzione è fra le 400 regioni con maggiore dispersione scolastica”.
Fra gli altri dati allarmanti quello sull’edilizia scolastica: “Su oltre 4200 edifici soltanto 1680 vengono utilizzati per le attività scolastiche, il 39 %. La restante parte è inattiva o comunque non associata ad attività scolastiche. Ancora peggiori sono i dati rispetto agli edifici dotati di mensa che sono il 6,3 % del totale. Questo testimonia l’impossibilità di avere scuole con il tempo prolungato e a tempo pieno”. E proprio all’edilizia scolastica è dedicata la maggior parte degli interventi.
L’assessore all’istruzione Roberto Lagalla affronta le questioni nella loro complessità facendo autocritica sul governo regionale al di là dei colori politici: “In Sicilia il governo, in passato, si è interessato troppo poco del mondo della scuola. È mancata la concertazione comune. Al tavolo ministeriale dobbiamo trovarci tutti assieme altrimenti facciamo il gioco degli altri. – E continua – Come Regione certamente non abbiamo le risorse per potere sopportare una funzione di supplenza che per la Costituzione appartiene allo Stato. Abbiamo la volontà di avviare alcune pratiche, ad esempio, sull’edilizia scolastica. Stiamo già discutendo (e abbiamo iniziato a farlo concertando con l’Anci Sicilia il piano triennale dell’edilizia scolastica, prima della pubblicazione del bando da poco pubblicato) per intervenire a tutela della sicurezza – vulnerabilità sismica che stiamo valutando e rispetto delle norme anti-incendio – e per i luoghi di refezione. Quest’ultimo è stato uno dei problemi avuti con lo Stato che giustificava la mancanza di un investimento sul tempo pieno o sul tempo prolungato per la mancanza delle mense. Facendo crescere il numero delle mense contiamo così di riuscire a promuovere la crescita delle scuole con orario a tempo pieno e con orario prolungato”. Lagalla ha infine annunciato: “Abbiamo convocato un tavolo tecnico per dare vita a un agenda sulla scuola”.
Sul coordinamento fra le istituzioni ha insistito il segretario regionale siciliano Mimmo Milazzo: “È necessario avvenga un cambiamento di passo a livello istituzionale, specialmente negli enti locali, perché lo sviluppo della comunità scolastica dipende anche dalla possibilità di fruizione delle biblioteche, delle palestre ma anche le aperture pomeridiane possono essere in capo agli enti locali. Rispetto all’edilizia scolastica – ha concluso – dobbiamo chiederci quanti progetti esecutivi abbiamo? Rispondendo a questa domanda forse scopriremmo alcune delle ragioni per cui abbiamo dei problemi di edilizia scolastica”.
Fuori dal coro Maria Luisa Altofonte, direttore dell’ufficio regionale scolastico: “Discutendo di questi problemi, discutiamo di problemi vecchi che esistono nel nostro territorio da secoli tanto quanto la questione meridionale. La scuola non è una monade e dipende dal territorio. La scuola siciliana può crescere se la Sicilia cambia. Le discussioni sui problemi di natura tecnica, come quelle sul tempo pieno o sulle risorse sono secondarie. È giusto utilizzare il tempo pieno per togliere i bambini dalla strada ma, a parità di condizioni economiche non c’è nessuna prova scientifica che il tempo pieno renda migliore formazione dei bambini. La scuola siciliana deve fare innovazione e ricerca per proporre modelli nuovi che si adattino alla realtà siciliana. Occorre avere una scuola realmente flessibile dove sono i bambini a sentire il bisogno di andare dagli insegnanti e non il contrario, come purtroppo accade”.