PALERMO – Non poteva chiudere in peggior modo i battenti per la pausa estiva l’Assemblea regionale siciliana. Il pasticcio della manovrina estiva ha offerto uno spettacolo devastante. I deputati dopo essere stati a lungo impegnati da una riforma della legge elettorale degli enti locali che è apparsa ai sindaci – e non solo a loro – come una sorta di regolamento di conti dei deputati contro i primi cittadini, si sono imbarcati nell’esame della leggina che doveva portare un po’ d’ossigeno (e qualche prebenda) a categorie boccheggianti. Ma l’assenza della maggioranza ha impedito che si andasse avanti, costringendo a un rinvio al 13 settembre. È l’ennesima brutta figura di un Parlamento regionale e di una maggioranza che sembrano fare a gara con il governo a chi sfigura di più.
Non bastassero le leggi pasticciate, impugnate dalla testa ai piedi, scritte, riscritte, votate e poi smontate, non bastassero i ritmi soft di lavoro dell’Aula o il sistematico impantanarsi in commissione delle riforme vere (miracolosamente ha fatto eccezione quella dell’edilizia), è arrivata anche questa. L’immagine degli onorevoli che si dileguano per il ferragosto lasciando a mare, e non da bagnanti, un piccolo esercito di siciliani appesi a un filo, dai precari delle ex province agli studenti disabili, passando per le scuole paritarie e i dipendenti delle partecipate finite al tappeto, sembra l’ennesimo sfregio di una classe politica che nei due palazzi palermitani del potere regionale ha inanellato negli ultimi anni fallimenti su fallimenti. Che sono quelli delle giunte dalle porte girevoli di Rosario Crocetta ma anche di un’Ars impantanata e inconcludente.
Oggi, intanto, il Pd fa finta di niente, i rivali Crocetta e Faraone fanno a gara a chi festeggia per primo i soldi per il Sud stanziati dal governo Renzi, che poi sono sempre quelli già celebrati e decantati dei famosi “patti”. Il capitombolo di ieri, che fa gridare allo scandalo i sindacati e le opposizioni, per la maggioranza vacanziera è già archiviato.
Troppo facile per le opposizioni lanciare strali verso un tale disastro. Che racconta di un Palazzo distante da ciò che arranca al di fuori delle sue stanze. Di un Palazzo assediato da quel sentimento di distanza, diffidenza, rabbia e disillusione, che alimenta quello che per convenzione si chiama antipolitica, e che altro non è che l’assenza di fiducia verso una politica che non offre risposte. Sentimenti che forze “antisistema” come il Movimento 5 Stelle sanno cavalcare, complice anche la quasi totale assenza di responsabilità di governo. Nelle vele pentastellate soffia un forte vento di protesta, che sta spingendo gli altri partiti a cercare contromisure, come la norma che ha limitato i ballottaggi nei Comuni. Ma non saranno i cavilli da azzeccagarbugli a far dimenticare uno scivolone come quello di ieri a Sala d’Ercole.