Nuove speranze per il parco Ninni Cassarà, dopo sei anni di silenzi e rinvii

Sei anni di silenzi e rinvii: si torna a sperare per il parco Cassarà

Dall'amianto sotterrato all'assegnazione delle indagini ambientali. M5S: "Cronistoria di un fallimento"

PALERMO – Tornare indietro non si può, ma in questi tempi di restrizioni e distanziamento sociale il parco Ninni Cassarà avrebbe fatto bene ai palermitani. Ma dell’area verde in via Ernesto Basile, la seconda più estesa della città, da oltre sei anni non restano che il ricordo e una montagna di polemiche. Inaugurato nel novembre 2011 e poi chiuso nel 2014 per la presenza di materiale altamente inquinante, la sua agonia ha ‘resistito’ a due sindaci ed è stata al centro di lunghe lotte per la riapertura. Ora fanno ben sperare le novità sulle analisi del terreno inquinato, passaggio fondamentale per poter restituire ai cittadini la seconda area verde più estesa di Palermo. Live Sicilia ripercorre la sua storia.

L’amianto e il recupero

Nell’aprile 2014 viene scoperta la discarica tossica: nel sottosuolo del parco c’è un grosso quantitativo di amianto. I cancelli vengono serrati e l’area viene sequestrata dalla magistratura, quindi viene suddivisa in tre sub-aree in base al grado di pericolosità: in ordine decrescente rossa, gialla e verde. In quest’ultima, che si trova al confine con Altofonte e corrisponde a circa il 65 per cento del parco, nel 2015 e nel 2016 vengono anche compiuti intervenuti di pulizia manuale e meccanica.

L’odissea del bando

Quando il Comune pubblica il primo bando per le indagini ambientali, però, si tratta di marzo 2018. Ma l’avviso ha vita breve: dopo appena un mese l’amministrazione lo ritira in autotutela, per la presenza di lacune ed errori. Una mossa che porta i consiglieri comunali del Movimento Cinque Stelle a chiedere al dirigente del settore Ambiente di correggere e ripubblicare urgentemente il bando per dare seguito alle fasi successive. Il sindaco Leoluca Orlando annuncia la nuova pubblicazione a giugno 2018, ma alla fine l’avviso ‘versione 2.0’ vede la luce a settembre dello stesso anno.

Da allora, per arrivare all’aggiudicazione dei lavori di indagine ambientale sono passati due anni. A darne notizia il 29 settembre sono Concetta Amella, consigliere comunale dei Cinque Stelle, e il collega della Quarta Circoscrizione Mirko Dentici: a eseguire le opere nella sub-area verde del parco Ninni Cassarà “sarà la ditta Icpa Srl, mandataria del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese con la ditta mandante Ambiente & Sicurezza Srl. Avrà sei mesi di tempo per fare la valutazione”. L’associazione di imprese si è aggiudicata l’appalto per la migliore offerta con un ribasso del 42,79% su una base d’asta di quasi 127mila euro oltre Iva. La durata del contratto è di dodici mesi dall’invio del documento con cui viene accettata l’offerta.

Le indagini

Mentre le procedure viaggiavano a rilento, la magistratura svolgeva le indagini scaturite dal ritrovamento dell’amianto. Una lunga trafila che finora ha visto diverse assoluzioni: le ultime proprio in questi giorni, in favore dei dirigenti del Coime (ente che si occupa di manutenzione per conto del Comune), dei vertici del parco, dell’impresa che stava realizzando lavori nell’area e di un operaio. Le accuse di trasporto e gestione non autorizzata di rifiuti speciali erano comunque prescritte. A luglio 2020 invece erano già stati assolti l’architetto del Comune Vincenzo Polizzi, responsabile unico della realizzazione del parco urbano accusato di falso ideologico, e gli esecutori dei lavori Filippo e Francesco Chiazzese.

“Ritardi incomprensibili”

“È un primo passo verso la riapertura del parco, ma rimane la cronistoria di un fallimento – dicono Amella e Dentici affiancati da Aldo Penna, parlamentare nazionale M5S –. Una storia durata sei anni e ancora nemmeno conclusa. Dovremo aspettare almeno altri tre mesi per conoscere i risultati dell’indagine ambientale, e solo in base agli esiti si potrà valutare di riaprire. Ritardi ancor più incomprensibili trattandosi non dell’intero parco, che peraltro è l’unico della Quarta Circoscrizione, ma di una sub-area ben circoscritta”.

Gli esponenti del Movimento poi ritengono “impossibile non osservare come tra i proclami e i fatti ci sia sempre un lasso di tempo enorme: basti pensare che la procedura di affidamento delle indagini è stata avviata il 21 gennaio, ma l’aggiudicazione è avvenuta dopo più di otto mesi”. Poi concludono con l’aspetto positivo della vicenda: “Se la ditta non dovesse trovare rifiuti pericolosi, il 60 per cento del parco Ninni Cassarà potrebbe riaprire subito. Il Movimento 5 stelle da tantissimi anni porta avanti questa battaglia, a livello locale e nazionale, affinché l’ampia area possa tornare alla fruibilità dei palermitani”.


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