PALERMO – La frase “che sei sbirro?” l’avrebbe pronunciata, ma non quella: “Io sono un politico, ti faccio passare i guai”. O meglio non c’è la prova che l’abbia davvero proferita.
E così la terza sezione penale ha mandato assolto Giuseppe Bevilacqua con la formula perché il fatto non sussiste. Bevilacqua è noto alle cronache giudiziarie. Da alcuni mesi è sotto inchiesta assieme ai deputati regionali Nino Dina e Roberto Clemente, e all’ex onorevole Franco Mineo. Secondo l’ipotesi della Procura, Bevilacqua avrebbe garantito “al migliore offerente” il suo pacchetto di voti. Un pacchetto che non gli era bastato per essere eletto alle ultime elezioni comunali di Palermo nella lista Cantiere Popolare.
Proprio durante le elezioni amministrative sarebbe avvenuto il “fattaccio” oggetto del processo per “minacce a pubblico ufficiale”. Era il 27 gennaio 2012. Alle 8 del mattino Bevilacqua sta percorrendo corso Vittorio Emanuele. Parla al telefonino in auto, senza auricolare o vivavoce. Un uomo lo affianca in sella ad uno scooter e gli dice di posare subito il cellulare. Risposta: “Ma che sei sbirro?”. “Sbirro”, nel senso buon del termine, l’uomo dello scooter lo è davvero. Fa il carabiniere e non esita ad intervenire, nonostante sia libero dal servizio e in abiti civili. Si qualifica, invita Bevilacqua ad accostare e ad esibire libretto e patente. A quel punto il candidato alle comunali lo “supplica” di non ritirargli la patente. Sostenere una campagna elettorale appiedato è una missione impossibile. Il carabiniere è irremovibile.
Fin qui la ricostruzione emessa con certezza. Quindi, si apre la parentesi su cui si è giocato il processo. Il militare rientra in caserma e, come ha preannunciato a Bevilacqua, stila una nota di servizio da cui sarebbe scaturito un verbale di contestazione per l’infrazione al codice della strada. Solo che l’appuntato scelto annota pure la frase che Bevilacqua avrebbe pronunciato, da qui in poi è opportuno usare il condizionale: “Io sono un politico e ti faccio passare dei seri guai”.
Al dibattimento il legale di Bevilacqua, l’avvocato Luca Bonanno, ha sostenuto che ci fossero delle incongruenze nel racconto del carabinieri che si è costituito parte civile. Un pensionato di 71 anni, citato come testimone in dibattimento, ha raccontato di avere assistito alla scena: “ Ero convinto che fossero amici… poi ho sentito il carabiniere dire… lei così mi mette nei guai”. Nessuna traccia della minaccia che, se è veramente avvenuta, non è stata cristallizzata nel processo. Risultato: assoluzione perché il fatto non sussiste.