CATANIA. “Si è appostato con una pistola calibro 7,65 ed ha portato con sé non uno ma ben due caricatori da 12 colpi. Era esasperato dalle continue ruberie subite e voleva farsi giustizia da sé. Era disposto ad un’azione di guerriglia”. Queste le fasi conclusive della lunga requisitoria, durata oltre un’ora, del sostituto procuratore generale Concetta Maria Ledda davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Catania, nell’ambito del processo per l’omicidio volontario del 26enne Roberto Grasso, ucciso con quattro colpi di pistola, nella notte tra il 25 ed il 26 aprile del 2013, dal 73enne Giuseppe Caruso. Il pensionato è stato condannato in primo grado a 17 anni.
In appello l’accusa ha chiesto l’esclusione di un’unica aggravante contestata, l’aver commesso il delitto di porto illegale di arma per eseguire l’omicidio. Per il sostituto pg, non essendo stata contestata la premeditazione non è possibile chiedere questa aggravante. Per tale motivo la richiesta conclusiva di condanna è stata di 16 anni e 10 mesi.
Nel corso della ricostruzione dell’episodio, l’accusa ha sottolineato come la vittima, entrata nel fondo agricolo dell’imputato, fosse disarmata. Nonostante ciò, Caruso lo ha colpito più volte con la pistola. Ben quattro i colpi andati a segno, tutti in punti vitali del corpo, nel tronco e nel lobo sinistro. “I colpi sparati sono stati quattro – ha detto Concetta Maria Ledda – solo perché il quinto si è inceppato”. Per l’accusa, inoltre, non troverebbe alcun riscontro con le perizie eseguite la ricostruzione dei fatti fornita dall’imputato, che aveva parlato di una violenta colluttazione, a causa della quale sarebbero partiti i colpi di pistola. “Se avesse voluto solo spaventarlo per evitare che tornasse – ha ribadito il sostituto pg – sarebbe bastato esplodere qualche colpo in aria. Non è stato fatto”.
Nessuno spazio dunque vi sarebbe per la legittima difesa, né per l’eccesso colposo. Infine, fornito un quadro dell’imputato, incapace, almeno fino alla fase del dibattimento e delle dichiarazioni spontanee, di provare pentimento e di comprendere la gravità di quanto commesso.
“Ha deciso di vendicare i soprusi che aveva subito – ha ribadito il sostituto pg – per i quali aveva accumulato rabbia e turbamento”.
l prossimo 10 maggio prenderanno la parola i legali di parte civile Lucia Spicuzza, Claudio Grassi e Giuseppe Di Mauro, e quello della difesa Nino Lattuca.