Si diede fuoco per evitare sfratto | L'immobile in uso alla vedova - Live Sicilia

Si diede fuoco per evitare sfratto | L’immobile in uso alla vedova

Giovanni Guarascio

La casa era stata venduta all'asta e Giovanni Guarascio si diede fuoco il 14 perché privato dell'immobile non aver onorato un debito con una banca.

RAGUSA- La Procura di Ragusa ha sequestrato la casa di Giovanni Guarascio, muratore di 64 anni che il 14 maggio 2013 si diede fuoco a Vittoria per evitare lo sfratto dalla abitazione. L’uomo morì 7 giorni dopo. L’immobile è stato affidato in custodia con facoltà d’uso alla vedova. Il decreto è stato adottato dal procuratore di Ragusa, Carmelo Petralia, che coordina l’inchiesta su procedura e messa all’asta della casa. Tre gli indagate per turbata libertà degli incanti, estorsione e falsità ideologica.

Il sequestro preventivo è stato eseguito dalla guardia di finanza del comando provinciale di Ragusa, che ha anche la delega sulle indagini. La casa era stata venduta all’asta e Giovanni Guarascio si diede fuoco il 14 perché privato dell’immobile non aver onorato un debito con una banca. La proprietà, che era passata a Orazio Sciagura, è stata adesso affidata in custodia, in via provvisoria, e con facoltà d’uso alla vedova del muratore, Giorgia Famà, che dal giorno della tragedia, assieme alle sue due figlie, non ha lasciato la casa di via Brescia a Vittoria, nel Ragusano. Le indagini delle Fiamme gialle, avviate per accertare eventuali irregolarità nell’iter di aggiudicazione all’asta dell’immobile, si legge una nota degli investigatori, avrebbero permesso di individuare “numerose e vistosissime anomalie nella procedura svolta dal professionista delegato dal giudice per l’esecuzione ai fini dell’aggiudicazione dell’immobile”.

Oltre al decreto di sequestro preventivo, la guardia di finanza e la Procura di Ragusa stanno valutando anche la posizione dei professionisti che a vario titolo sono intervenuti nella transazione allo scopo di verificare responsabilità, oltre che amministrative, anche di carattere penale. I reati ipotizzati nei confronti di tre indagati sono, a vario titolo, di turbata libertà degli incanti, estorsione e concorso in falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici. Il procuratore Petralia ha delegato altre indagini alla guardia di finanza per “acquisire altri elementi di riscontro utili per la definizione della vicenda”.

(Fonte ANSA)


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