CATANIA. Le sezioni etnee di Cna, Upla Claai, Casartigiani e Confartigianato ritengono fondamentale il ritorno all’autonomia dell’ente camerale etneo. “Cerchiamo di spiegare perché”, dicono.
“Intanto l’istituzione della Camera di commercio di Catania come Camera autonoma è prevista dall’articolo n. 54 ter della legge n. 106/2021. Ma non solo: l’ultima sentenza del Cga siciliano ha pienamente legittimato i commissari governativi nominati dal Ministero competente, che dovrebbero essere lasciati tranquilli a lavorare sulla divisione della cosiddetta Mega Camera, ricalcolando il patrimonio dei tre enti da dividere (ossia Catania, Ragusa e Siracusa). Altro elemento da considerare (e che invece nessuno quasi intende considerare): la legge Madia, ovvero la legislazione di riferimento, ha sempre riconosciuto il diritto all’autonomia alle Camere con una dimensione di almeno 75mila imprese e unità locali e afferenti a una Città metropolitana. Bene, proprio Catania ha entrambi i requisiti.
Più in generale, per le svariate caratteristiche del territorio etneo e del suo tessuto di imprese – grandi, medie, piccole, micro – e anche per le non poche criticità che lo distinguono in maniera significativa dalle altre realtà provinciali, in Sicilia non vi è area metropolitana più meritoria di Catania di avere una Camera autonoma. Per essere rispondenti anche allo spirito delle nuove competenze assegnategli dalla legge (interfaccia con le scuole, agenzie di sviluppo, sedi della mediazione, cura degli interessi diffusi delle piccole imprese, ecc.), le Camere di commercio devono necessariamente essere radicate nei territori. Questo è un principio indispensabile per dare impulso, ancor di più dopo la pandemia, a una azione che spinga lo sviluppo e crei realmente occupazione, essendo la mancanza di lavoro la prima immane emergenza siciliana.
A ben vedere, anche le recenti vicissitudini che hanno reso urgente la riunione con il Ministero di qualche giorno fa sono conseguenze evidenti del fallimento della precedente riforma del sistema camerale, che ha introdotto vincoli che la rendono inapplicabile senza la mortificazione dei territori, delle nostre imprese (che non hanno potuto beneficiare nemmeno della riduzione dei tributi camerali!), delle stesse associazioni di categoria in termini di rappresentanza, spesso ridotta ai minimi termini se non addirittura negata per le meno consistenti.
Da ultimo, riteniamo con assoluta convinzione come serva lasciare fuori dal confronto sugli assetti camerali giochi di potere vari ed eventuali, specie se condotti sulla pelle delle imprese, e – soprattutto – ogni questione inerente alla gestione delle società controllate. Ci chiediamo quanti politici, associazioni e rappresentanti del governo regionale sosterrebbero la battaglia in corso per il mantenimento dello status quo (solo quattro Camere in Sicilia, nonostante sia l’unica regione d’Italia ad avere ben tre Città metropolitane) se le Camere di commercio di Catania, Ragusa e Siracusa non detenessero le quote proprietarie maggiori della società di gestione dell’aeroporto etneo”.