Si spaccano pure le correnti |Così il Pd all'Ars è andato in pezzi - Live Sicilia

Si spaccano pure le correnti |Così il Pd all’Ars è andato in pezzi

Giuseppe Lupo

Barbagallo e Lupo divisi al voto. Le liti sui social. Cronaca di un quasi divorzio.

PALERMO – E ora? Nessuno può dire cosa sarà del Pd siciliano dopo l’ultima spaccatura di ieri. Corredata dall’ennesimo psicodramma di male parole e litigi social. La crepa dentro i dem è profondissima e l’ultimo tentativo di aggiustarla col mastice è miseramente naufragato ieri. Quando persino un binomio di inseparabili come quello composto da Giuseppe Lupo e Anthony Barbagallo, i due big di Areadem (la corrente di Dario Franceschini), si è spaccato in due. Il deputato catanese era il nome su cui l’area cracoliciana aveva puntato per trovare una soluzione condivisa. Barbagallo si era detto disponibile ma solo se su di lui fossero confluiti undici voti su undici. Macché. Nel frattempo Lupo più i cinque renziani, cioè Baldo Gucciardi, la new entry Franco De Domenico, e l’asse più combattivo degli ex di centrodestra formato da Luca Sammartino, Nello Dipasquale e Michele Catanzaro, autoconvocavano il gruppo. Decisi a votare comunque Lupo, anche senza gli altri, che dell’ex segretario non avevano apprezzato la richiesta di un congresso straordinario, letta come un siluro a Fausto Raciti. La spaccatura appariva insanabile. Arancio, cracoliciano, non si presentava al voto. Lo stesso faceva Barbagallo che non condivideva le modalità di scelta del capogruppo con una resa dei conti, avendo tentato la strada della soluzione unitaria. Restavano Antonello Cracolici, che aveva congelato la sua adesione al gruppo ma ieri si è presentato ala riunione, Giovanni Cafeo (altro esponente della corrente di Cracolici e Raciti) e Luisa Lantieri, che aderisce alla corrente di Michele Emiliano. Tutti e tre non partecipavano al voto. Cracolici tuonava contro il patto tra “traditori e traditi”, il suo compagno di corrente Antonio Rubino rincarava la dose (dopo le sciabolate su Facebook dei giorni scorsi con Nello Dipasquale), insomma, i panni sporchi non si lavavano in famiglia ma ancora una volta sui social network (un post in particolare, apparso e poi rimosso, faceva infuriare i cracoliciani). Intanto, Gianfranco Miccichè, eletto anche con qualche voto renziano, faceva un favore al Pd rimandando la seduta per non lasciare fuori dall’ufficio di presidenza il futuro “Partito della Nazione”. Altro che favore, le parole del presidente dell’Ars erano altra benzina sul fuoco soprattutto dalle parti di chi ha letto la strategia di questi giorni come il disegno dei nuovi renziani di accompagnare alla porta i vecchi Ds per flirtare con Forza Italia. Alla scissione in realtà pochi credono, tanto più con le elezioni politiche alle porte. Ma il gruppo è spaccato a metà e già oggi per l’elezione dell’ufficio di presidenza, sembra molto complicato trovare una quadra. Aspettando un cenno di vita dalla segreteria nazionale.


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