Siccità, Gargano: "Rischio desertificazione imprenditoriale"

Siccità, allarme di Gargano: “Rischio di desertificazione imprenditoriale”

L'emergenza raccontata dal direttore generale dell'associazione nazionale dei consorzi irrigui

ROMA – Le dighe a secco, le falde acquifere prosciugate, gli animali macellati e quelli che provano ad abbeverarsi nelle pozze di fango. Con rischi altissimi per l’indotto imprenditoriale agricolo e turistico. L’intervista a Massimo Gargano, direttore generale dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI).

Direttore cosa sta accadendo in Sicilia?
“Sta accadendo che la Regione sta correndo un enorme rischio di desertificazione imprenditoriale, dovuto a livelli di precipitazioni che sono sotto le medie storiche, invasi che non consentono più i prelievi e alcune dighe sostanzialmente sono vuote e non hanno acqua utilizzabile. Il conto incredibile lo pagano gli agricoltori. L’immagine delle vacche portate nei mattatoi è terribile, come quello degli animali che bevono fango”.

Ad Agrigento cosa sta accadendo?
“L’acqua stenta a uscire dai rubinetti, a fronte di una previsione di aumento dell’intensità turistica, non si dà la possibilità o la certezza di avere acqua nelle docce, col rischio di disdette e mancato reddito, è uno scenario che a noi preoccupa molto”.

Possiamo fare una mappa dell’emergenza?
“Nella fascia centro-orientale, abbiamo accumuli d’acqua inferiori a 300 millimetri, dove il quantitativo medio era di 415, abbiammo zone come Catania dove sono caduti 250mm di pioggia, ne mancano all’appello 400. L’invaso di Pozzillo, che conteneva fino a luglio 2021 intorno ai 6 milioni di metri cubi, oggi ne contiene 5, questa quota la calcoliamo a giugno, abbiamo ancora luglio e agosto da affrontare con temperature molto alte”.

Cosa sta accadendo nelle dighe?
“Nelle 29 dighe siciliane abbiamo sostanzialmente una capacità di 290 milioni di metri cubi, ce ne sono 154 e se calcoliamo che giustamente dentro una diga deve esserci un volume minimo residuo, quello destinato alla sicurezza degli invasi e ai pesci, praticamente non abbiamo un solo milione di metro cubo d’acqua disponibile dentro le dighe”.

Passiamo alle falde acquifere
“La falda di Fiumefreddo, dalla quale dipende il 70’% dell’acqua fornita a Messina, si è abbassata di 15 metri.

Siamo vicini al punto di non prelievo dalla falda?
“Sì, tra poco non sarà più possibile prelevare acqua, sono i dati ufficiali. Il quadro è preoccupante, la Regione non è stata inerme, sta tentando di dare delle risposte con le risorse disponibili, il dato più vero è che a me sembra che nell’immediato noi dobbiamo andare in Sicilia a pensare a politiche di adattamento molto serie rispetto alle liturgie del passato”.

Lei ha parlato dell’utilizzo dei pozzi contaminati dai nitrati?
“È una proposta fatta dall’autorità di bacino del distretto idrografico della Sicilia, leggendo questo verbale, a un certo punto si scrive che a San Vito Lo Capo durante l’estate la richiesta idrica è molto elevata e si pone il problema della qualità di alcuni pozzi contaminati da nitrati per i quali si sarebbe voluta chiedere l’autorizzazione al prelievo. C’è un verbale firmato da Santoro”.

Santoro non è lo stesso che diceva che non c’era bisogno di questa pratica?
“Io ho il verbale firmato da lui, in questo momenti dobbiamo trovare le cose che ci uniscono e non che ci dividono e per questo utilizzo l’opportunità che mi dà, per dire che dobbiamo fare un grande sforzo in Sicilia, andare a raccogliere l’acqua che cade, dobbiamo fare una grande opera di manutenzione delle dighe fino a quando non sarà finita questa fase di riattivazione”.

Ci sono dighe che riversano l’acqua in mare
“Dobbiamo intervenire sui mancati collaudi, sulle motivazioni che creano i problemi. Non è pensabile che il sistema delle dighe sia un’eccellenza in Italia e non funzioni solo in Sicilia, Calabria e in parte della Puglia, dove sono commissariati da decenni”.

Il cambiamento in meglio è possibile, pensando al futuro?
“C’è una possibilità e una volontà del presidente di invertire questa tendenza, penso da italiano che noi possiamo fare tutte le polemiche che vogliamo, ma servono a poco. Se diamo una mano a risolvere le questioni, facciamo capire che i consorzi di Bonifica sono commissariati, che i fiumi riversano acqua in mare, che ci sono dighe con le paratie aperte e dobbiamo metterle in funzione, non possiamo pensare che sia normale l’acqua portata con le autobotti”.

Dal punto di vista pratico esiste un piano per realizzare tutto questo?
“Abbiamo enormi competenze, c’è un piano invasi che in Sicilia non è pronto ma ci sono nei consorzi di bonifica competenze resilienti umiliate da anni di gestione commissariale, nella gestione dell’ordinarietà. Col Pnrr la Sicilia non ha recitato alcun ruolo, ci sono ancora competenze e qualità e va voltata pagina. Basta fare le cose che si fanno in tutta Italia”.

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