PALERMO – Nel corso dell’interrogatorio di garanzia Gaetano Tafuri si era detto disponibile a parlare delle pressioni politiche ricevute per le assunzioni all’Ast. Il 31 marzo scorso l’ex presidente dell’Azienda siciliana dei trasporti è stato convocato dal pubblico ministero Andrea Fusco. Il suo verbale è agli atti dell’inchiesta della Procura di Palermo.
“L’onorevole Savona mi disse”
“Cosa ci può dire a tal proposito?”, la domanda sulle pressioni è diretta. Tafuri inizia a raccontare: “A metà 2020 mi trovavo nella stanza dell’onorevole Roberto Di Mauro presso l’Assemblea regionale siciliana. Egli mi disse che c’era l’onorevole Riccardo Savona che mi voleva parlare. Andò a chiamarlo e restammo a parlare solo noi due. Savona dopo avermi parlato in generale della inopportunità dell’assunzione di personale interinale in Ast mi chiese l’assunzione di 15 autisti con le parole: ‘In questo sistema ci voglio entrare pure io ne… voglio 15′”. Secondo la ricostruzione della Procura, ricorrendo ai contratti interinali i vertici dell’Ast avrebbero aggirato il blocco delle assunzioni.
Il sindacalista della Uil Trasporti
Tafuri, così dice, non si aspettava una richiesta simile: “Avendo provato imbarazzo mi sono irrigidito ed ho rifiutato la proposta di Savona, il quale mi ha fatto un sorriso sarcastico ed è andato via. Questa richiesta faceva il paio con una richiesta che mi era stata avanzata dal segretario Uil Agostino Falanga (si tratta del segretario della Uil Trasporti Sicilia ndr) che mi aveva detto di essere legato da rapporti politici con l’onorevole Savona. Falanga mi aveva chiesto l’assunzione di 5 lavoratori interinali offrendo in cambio il suo appoggio sindacale. Questo è avvenuto nella mia stanza. Io ho respinto freddamente la proposta di Falanga”.
Le richieste dell’assessore Grasso
Il racconto prosegue: “A fine 2021 mi chiama il vicepresidente della Regione Gaetano Armao negli uffici della Presidenza presso l’Ars ed in quella occasione trovai l’onorevole Bernadette Grasso. Armao si allontanò e la Grasso dopo un’allusione molto vaga alla necessità di assunzioni interinali in Ast mi fece una richiesta specifica riguardante un dipendente della società presso la sede di Messina, cioè Fardella. Richiesta consistente nel riconoscergli un passaggio di livello grazie ad una nota di riconoscimento per le mansioni svolte. Voglio specificare che in quel momento non c’era un contenzioso in atto tra Ast e Fardella quindi sia la Grasso che quest’ultimo pretendevano che Ast desse atto in via extragiudiziale del fatto che avesse svolto mansioni superiori”.
I finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria l’11 marzo 2020 avevano intercettato una conversazione in cui Giuseppe Li Volti (coordinatore della segreteria particolare dell’assessore alle Infrastrutture Marco Falcone) comunicava al direttore dell’Ast Ugo Fiduccia (l’uomo chiave dell’inchiesta) la richiesta dell’allora assessore regionale alle Autonomie locali Bernardette Grasso. Gli aveva chiesto “se mi può risolvere stu problema di Fardella… nun ti siddiare… autorizzalo”.
Sul conto di Fardella Tafuri aggiunge che “è un politico del messinese legato alla Grasso e quest’ultima nel corso degli anni ha sollecitato più volte Fiduccia ed il sottoscritto ad elargire dei favori al dipendente Fardella. Io ho sempre respinto queste sollecitazioni. Dopo aver parlato con la Grasso rientrò in stanza Armao il quale mi chiese cosa volesse da mela l’onorevole e io risposi che mi aveva avanzato una richiesta improponibile”.
Intravaia, Armao e la rinuncia all’appello
Nel corso dell’interrogatorio Tafuri fa il nome di Marco Intravaia, segretario particolare del presidente Musumeci. Ne aveva già parlato in un’intervista a Livesicilia quando sottolineò la volontà politica di confermare l’incarico a Fiduccia.
“A metà 2019 Marco Intravaia – mette a verbale Tafuri – che è uno dei più fidati collaboratori del presidente della Regione Musumeci in tandem con il vicepresidente Armao che mi perorava la stessa iniziativa, mi ha insistentemente chiesto di rinunciare all’appello in una importante causa per il riconoscimento di mansioni superiori intentata dal dottor Filippo Lo Cicero, figlio di uno storico dirigente regionale”.
Era successo che Lo Cicero “aveva vinto la causa in primo grado davanti al Tribunale di Palermo che aveva riconosciuto le funzioni di parametro 250 e quindi notevoli differenze economiche. La richiesta di Intravaia e di Armao era che rinunciassimo out curt all’appello, quindi di fatto non ci chiedevano una transazione ma una resa”.
Tafuri che fece? “Io mi sono rifiutato e siamo andati avanti nell’appello anche perché l’avvocato Plaja dirigente dell’ufficio legale sosteneva che la nostra posizione fosse fondata. Ricordo che innanzi alla Corte di Appello di Palermo lo stesso presidente del collegio invito il dottor Lo Cicero a trovare un accordo conciliativo. Seguirono due o tre udienze nelle quali avanzammo proposte transattive che Lo Cicero rifiutò”.
“Abbiamo vinto la causa”
Cosa decise il Tribunale? “Fino a prima che la causa andasse in decisione in appello sia Intravaia che Armao mi sollecitarono di nuovo a rinunciare l’appello. Ho rifiutato, sono andato avanti fino alla fine e Lo Cicero ha perso la causa. Ho mandato sia ad Arma che a Intravaia un messaggio con la prima pagina della sentenza di appello scrivendo ‘lo vedi come avevo ragione io?'”.
Tafuri su Intravaia aggiunge che “si è recato alcune volte all’Ast dove andava da Fiduccia nella sua stanza. Non so di cosa parlassero. Fiduccia mi ha detto che si vedevano anche fuori dall’Ast perché Intravaia era intenzionato a farlo entrare nel gruppo di supporto per la sua campagna elettorale alle elezioni regionali 2022”.
Dichiarazioni che rimandano alle parole dell’intervista di Tafuri: “So che l’aiuto politico di Fiduccia interessava. Da una parte si vuole prendere le distanze da Fiduccia (era il governatore Musumeci a volerlo fuori dall’azienda) e dall’altra un uomo dell’entourage di Musumeci cerca l’appoggio politico per il partito del presidente”.
Ne giorni scorsi il procuratore aggiunto Sergio Demontis ha fatto notificare l’avviso di conclusione delle indagini. In 14 rischiano il rinvio a giudizio. Al momento è ancora stralciata la posizione dei referenti della “IN.HR. Agenzia per il lavoro srl” di Potenza. Si tratta della società interinale che avrebbe selezionato le persone da assumere. Alcune, secondo Tafuri, erano segnalate.