PALERMO – “Il ministero della Salute renda pubblici i dati. Perché, ci chiediamo in queste ore, regioni come la Liguria, la Campania e il Lazio, di cui conosciamo anche dalla stampa la crisi dei tassi di occupazione dei posti letto, che sono superiori anche di tre volte rispetto a quelli della Sicilia, non sono ‘arancioni’?”.
A porre l’interrogativo è Antonino Giarratano, che è vice presidente della società Italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva (Siaarti) e componente del Comitato tecnico scientifico della Regione siciliana. “La domanda non nasce dall’invidia – dice Giarratano all’ANSA – ma è sanitaria ed è finalizzata a capire se vi è tutela della popolazione di quelle regioni. Se la Sicilia dovesse mai tornare ‘Covid free’ e queste regioni che hanno numeri peggiori dovessero poi riprendere a trasferire il virus grazie ai confini aperti?”.
“E’ ovvio che il ministero avrà i dati del monitoraggio dei 21 punti e, sulla base di un sistema a punteggio oggettivo, sarà arrivato a queste determinazioni – prosegue – non posso certo pensare che tali dati siano stati trasmessi taroccati anche se, per esempio, sui tassi di occupazione dei posti letto in particolare intensiva di alcune regioni qualcosa non torna”.
Per il vice presidente della Siaarti e componente del Cts della Sicilia, “i dati andranno resi pubblici per capire i motivi per cui la Sicilia è stata inserita nell’area arancione”. Anche per chiarire “l’apparente illogicità di altre scelte, che devono restare sanitarie: è un atto dovuto a quella fetta di popolazione – conclude Giarratano – che sotto il profilo economico rischia di non risollevarsi più e che attende il dovuto supporto economico per il lockdown della propria attività”.
“Il liberi tutti che ci è stato dato a giugno come direttiva nazionale ci ha devastato e da Covid free ci ha portato nella situazione attuale – è l’analisi di Giarratano – Il negazionismo di una pandemia ha fatto il resto. Il tracciamento sul territorio che doveva prevenire non ha funzionato in larga parte di Italia e i 21 punti di monitoraggio del rischio del sistema sanitario vedono tante regioni soccombere sul piano tracciamento e territorio (compresi i tamponi ) e sul piano rete ospedaliera (posti letto dedicati al Covid)”.