PALERMO – I buoni numeri di Irfis e i segnali di ripresa di Airgest, che nel 2023 è tornata a fare utili, ma anche le criticità di Sicilia Digitale e le tante incognite di Ast, oltre alle buone indicazioni provenienti da Sais che per la Regione assume un ruolo “strategico”. La relazione al Rendiconto 2023 approvato dalla giunta Schifani, in 46 pagine dedicate al tema, scatta la fotografia dello stato di salute delle società partecipate regionali.
Il documento, che porta la firma dell’assessore all’Economia Alessandro Dagnino e del Ragioniere generale della Regione Ignazio Tozzo, punta a chiarire tutti gli aspetti del Consuntivo 2023 e, tra questi, proprio la situazione della frastagliata galassia Partecipate.
Oltre alle principali novità di gestione avvenute nell’ultimo esercizio finanziario, tra un dato e l’altro si possono scorgere anche gli orientamenti del governo rispetto a un riordino delle 13 realtà presenti nel portafoglio di partecipazioni in tasca a Palazzo d’Orleans.
Sas “strategica”
La Sas, società per l’89% nelle mani di Palazzo d’Orleans e che si occupa di diversi servizi negli uffici regionali, è guidata da Mauro Pantò, già candidato della Dc alle ultime elezioni per l’Ars nel collegio di Palermo. Il bilancio 2022 è stato approvato a luglio di quest’anno ma per quello del 2023 bisognerà attendere le ricadute dell’operazione Resais.
Nel marzo 2021, infatti, l’allora governo Musumeci siglò il passaggio di un’altra Partecipata, Resais (Risanamento e sviluppo attività industriali siciliane), in Sas. Una operazione dovuta al fatto che Espi, l’Ente siciliano per la promozione industriale proprietario in origine delle azioni Resais, era stato liquidato.
Gli effetti di quell’acquisizione saranno visibili solo in futuro, ma intanto Sas viene considerata “strategica”. Un giudizio che deriva dagli stanziamenti decisi nella Finanziaria 2023-2025 e dai successivi incrementi sopraggiunti. Un ruolo centrale confermato poi dal “trasferimento di competenze, funzioni, oneri e risorse – si legge – da Resais in Sas”.
Servizi ausiliari Sicilia ha poi un ruolo decisivo nella risoluzione della vertenza degli ex Pip del bacino di Emergenza Palermo. Il via libera dell’Ars alle assunzioni di 1.166 persone, con oltre 50 milioni di euro stanziati per tre anni, “impatterà in maniera rilevante nella gestione della società”. Al momento, comunque, le assunzioni sono state 745, part-time, a decorrere dall’1 aprile.
Resais chiude i battenti
La liquidazione di Resais si è portata dietro il trasferimento di personale e competenze in Sas, concluso quando a Palazzo d’Orleans c’era già Schifani. Le procedure di liquidazione sono andate avanti, come la definizione agevolata delle liti pendenti: su tutte il vecchio contenzioso Iva con l’Agenzia delle Entrate, che è stato chiuso grazie ad una mega iniezione di liquidità.
Parco scientifico e tecnologico della Sicilia
Bilancio 2023 approvato, invece, per il Parco scientifico e tecnologico della Sicilia, che per il 97,1% è in mano alla Regione. La sua mission è quella di “accrescere la competitività del territorio attraverso la ricerca, l’innovazione, il trasferimento tecnologico, la diffusione della cultura della formazione continua e l’attrazione d’investimenti”.
Per tre anni, dal 2020 al 2022, il bilancio di questa Partecipata ha chiuso in perdita ma il 2023 ha fatto segnare un piccolissimo segno più (5.581 euro). Sotto il profilo patrimoniale la gestione è “complessivamente equilibrata” ma pesano le perdite d’esercizio degli anni passati e così il piano per il 2023 prevedeva la liquidazione anche per questa società qualora non fossero arrivate proposte d’acquisto entro l’aprile del 2024. “Tale scelta – si legge nella relazione – tuttavia non è stata ancora attuata dall’assemblea dei soci”.
Sicilia Digitale in chiaroscuro
Qualche criticità sul fronte di Sicilia Digitale. Nata per affiancare la Regione nella realizzazione e gestione di sistemi e servizi informatici e telematici, è gestita dall’amministratore unico Francesco Cascio, ex presidente dell’Ars e uno dei volti di Forza Italia nell’Isola.
A maggio è arrivato l’ok al bilancio 2023: utile netto di 210.605 euro. Dato “in netto miglioramento” rispetto al piano che prevedeva un pareggio di bilancio per quell’anno. Le spese per servizi e personale, però, sono in rialzo rispetto alla media dell’ultimo triennio. Su Sicilia Digitale la relazione evidenzia che il ‘Margine operativo lordo’, indicatore del reddito di un’azienda dato dalla sola gestione operativa, nel 2023 è stato del 9,88%. “Per essere considerato accettabile – si legge – dovrebbe superare almeno il 10%”.
Questi valori evidenziano per Sicilia Digitale una “insufficienza” nella capacità di generare ricchezza tramite la gestione operativa e un “deficit” nella capacità di autofinanziarsi. Aumenta, invece, l’indice Ebit, che indica il profitto ottenuto da un’azienda prima della deduzione degli interessi passivi e delle imposte. Migliora anche la redditività del capitale investito. Solida la situazione patrimoniale dell’azienda. Con le liquidità di cassa attuali, Sicilia Digitale “sarà in grado di rispettare le scadenze di pagamento”.
Un quadro in chiaroscuro dal momento che l’indice di indebitamento e di autonomia finanziaria “presenta uno squilibrio” tra capitale proprio e debito. Da qui, la relazione giudica “condivisibile” la raccomandazione formulata dal collegio sindacale “di procedere all’aumento del capitale sociale per adeguarlo – si legge – alle dimensioni e alle attività della società”.
Con il piano di risanamento e ristrutturazione aziendale 2022-2024, comunque, Sicilia Digitale ha “concrete prospettive di recupero” dell’equilibrio economico-finanziario. Un piano che “è in piena fase di implementazione e che rappresenta – ancora la relazione dell’assessorato all’Economia – un’importante traccia da seguire” per la società che ha inoltre acquistato la sede di via Thaon De Revel al costo di 1,8 milioni di euro e che vanta un recupero di Iva pari a quattro milioni di euro.
Incognita Ast
Complessa e articolata la vicenda Ast, che il governo regionale intende trasformare in società in house per la gestione delle tratte meno remunerative del trasporto pubblico locale su gomma. I cinque milioni di utile con i quali si è chiuso il bilancio d’esercizio 2023 non possono fare dormire sonni tranquilli visti “taluni errori contabili rilevanti” relativi agli anni pregressi.
Crediti non riscossi e debiti hanno comportato un impatto negativo sul patrimonio netto di 4,2 milioni di euro. La situazione economica relativamente al 2023 è positiva ma si scontra con i dati del 2021 e del 2022, che hanno fatto segnare perdite rispettivamente di 11,2 e 1,9 milioni di euro. Lo stesso risultato del 2023 “va rettificato – osserva la relazione al Rendiconto – con le variazioni negative nei crediti e nei debiti per errori contabili che ammontano a 4,2 milioni”. Il risultato economico reale per il 2023 scende quindi a 817mila euro.
In questo quadro si aggiunge la lunga scia di corse saltate negli ultimi mesi, che ha provocato le proteste di Comuni e pendolari e che si incastona in una situazione finanziaria “ancora molto squilibrata” per Ast. Uno scenario che riporta “notevoli criticità” nella capacità da parte dell’azienda di rispettare i propri obblighi e fare fronte alle scadenze. Soltanto queste, nel 2023, ammontano a 64 milioni di euro.
Sul groppone di Ast, inoltre, pesano anche i crediti vantati presso la Regione e che ammontano a 37,5 milioni di euro. Crediti che riguardano soprattutto l’assessorato alle Infrastrutture ma “che non sono stati confermati dallo stesso in sede di riconciliazione della partite debitorie e creditorie”.
Società interporti nel limbo
Futuro incerto anche per la Società interporti siciliani, costituita nel 1995 per la realizzazione delle infrastrutture interportuali in Sicilia e, in particolare, dell’Interporto di Catania e dell’Interporto di Termini Imerese. Dopo le dimissioni di Brigida Alaimo, che ha lasciato per entrare a far parte della giunta Lagalla a Palermo, il ruolo di amministratore unico è stato affidato a Gaetano Colletti.
La società ha comunque chiuso il bilancio 2023 con un utile di 632mila euro ma il mancato rinnovo della convenzione per la prestazione dei servizi rappresenta per la stessa azienda “un rilevante rischio”. La relazione della Regione è chiara sul punto: “È in fase di valutazione l’opportunità del mantenimento in vita della struttura societaria”. La Sis è finita al centro anche di un’inchiesta che ha coinvolto gli ex assessori all’Economia Gaetano Armao e Marco Falcone, oltre che per le’x amministratore Rosario Torrisi Rigano.
La società presenta alcune “criticità gestionali e organizzative” rilevate dal suo collegio sindacale e riportate nella relazione: manca un ufficio amministrativo e contabile e manca un responsabile; non è stata fornita copia dell’organigramma societario; non sono stati forniti alcuni dei libri sociali e contabili obbligatori; non si ha contezza delle scritture contabili del 2023 e del 2024; sono stati rilevati diversi contenziosi. Lo stesso collegio sindacale ha gettato la spugna “a seguito dei mancati concreti riscontri alle richieste effettuate e alle segnalazioni formalizzate in diverse occasioni”.
Airgest prova a ‘volare’
Dall’interporto di Catania all’aeroporto di Trapani, gestito da Airgest. La società guidata da Salvatore Ombra, dopo le perdite registrate negli ultimi cinque anni a causa anche della pandemia, ha chiuso il 2023 con un utile di 505mila euro e 1,3 milioni di passeggeri in transito (quest’ultimo dato in aumento del 50% rispetto al 2022).
Sotto il profilo economico, il valore complessivo della produzione è di 10,5 milioni di euro, mentre i costi di produzione sono cresciuti di oltre 3,2 milioni di euro “in misura meno che proporzionale rispetto all’aumento del valore di produzione”. Dati che dimostrano “capacità di efficienza gestionale” da parte di Airgest.
I proventi della partecipazione superano i 350mila euro e rappresentano quasi il 70% dell’utile di esercizio. Il Roi, indicatore del tasso di rendimento sul totale degli investimenti, è “poco soddisfacente” (meno dell’1%) ma è di segno positivo, a differenza degli altri anni.
La situazione patrimoniale di Airgest “si presenta equilibrata”. Il rischio finanziario è “moderato” per via della “equilibrata situazione patrimoniale” e della “più che soddisfacente” correlazione tra le fonti e gli impieghi classificati per scadenze finanziarie. Ci sono però dei fattori di rischio: su tutti “la dipendenza da un unico vettore”, Ryanair. Una criticità che viene considerata dai vertici stessi di Airgest “importante” per il mantenimento di “soddisfacenti e duraturi” equilibri economici nel tempo.
Irfis in buono stato di salute
Positivi i numeri di Irfis, braccio finanziario della Regione che negli ultimi anni è diventato sempre più centrale nelle politiche economiche del governo regionale. Il margine di interesse, la differenza tra interessi attivi e passivi, è di 9,3 milioni di euro, contro i 5,3 del 2022. Un dato che si porta dietro una crescita del 40% rispetto alle previsioni.
I costi per personale dell’istituto guidato da Iolanda Riolo sono aumentati del 12,7% per via dell’aumento di organico e degli adeguamenti contrattuali ma le spese amministrative sono scese del 23,4%. A questa voce si è giunti anche grazie ad una “azione di razionalizzazione delle spese”. In calo anche i costi operativi (-41,4% rispetto al budget previsto) “sia per l’attenta politica di contenimento che per il mancato avvio dell’assistenza tecnica”. Quest’ultima, infatti, avrebbe determinato “costi aggiuntivi per cinque milioni di euro”.
Tre dati danno l’idea della solidità di Irfis: il capitale sociale è passato dai 18 milioni del 2016 ai 65 del 2023; il patrimonio netto è cresciuto da 111 a 216 milioni di euro; il fatturato è lievitato da 8,4 a 20,4 milioni.
Seus “in equilibrio”
Discorso diverso per la Seus, società in ‘house’ dell’emergenza-urgenza senza scopo di lucro, guidata dal meloniano Riccardo Gabriele Castro, anche lui candidato (ma non eletto) alle ultime Regionali nelle file di FdI a Catania. Seus è lo strumento operativo attraverso il quale i soci Regione Siciliana e le aziende del servizio sanitario regionale organizzano e gestiscono il 118.
Approvato il bilancio 2023, dal quale emergono impieghi complessivi per 67 milioni di euro (dato analogo al 2022). Aumentano le disponibilità liquide (30,6 milioni, +42%) e calano del 37,1% le attività d’esercizio a breve termine (nel 2023 ammontano a 26 milioni). Scendono del 3,4% anche le passività d’esercizio a breve termine (22,6 milioni).
La situazione finanziaria è “equilibrata”, anche se nel 2023 i costi hanno superato lievemente i ricavi. Nel 2023 schizza in alto di due milioni di euro il costo del personale, circostanza rilevata anche dal collegio sindacale della società. “Un aumento dovuto principalmente alle progressioni orizzontali autorizzate dal Cda”, spiega la relazione.
La Maas e la ristrutturazione del debito
C’è poi la Mercati agro-alimentari Sicilia (Maas), con sede a Catania, che gestisce i mercati all’ingrosso ortofrutticolo ed ittico nel capoluogo etneo. In sella alla società Emanuele Zappia, in quota Mpa. L’azienda non ha ancora approvato il bilancio 2023 ma ha raggiunto un accordo con l’impresa che ha costruito l’intera struttura per la definizione del debito nato dai lavori. Firmato un piano di ristrutturazione dei debiti della Partecipata che è stato omologato dal tribunale etneo nel marzo 2022.
Siciliacque e i crediti-monstre
I numeri di Siciliacque, società mista dove la Regione ha una quota del 25%, descrivono una situazione “in equilibrio”. L’utile di esercizio è pari a 1,9 milioni di euro e il valore di produzione supera i 47 milioni. Dati però “in decremento” rispetto al 2022. Su Siciliacque, però, pesa la grande incognita data dalla difficoltà di riscuotere tutti i crediti vantati che, al 2023, ammontano a 118 milioni di euro. I debitori sono soprattutto le società di gestione d’ambito, i Comuni e altri enti pubblici.
Il rischio finanziario “si presenta elevato” relativamente proprio possibili tensioni di cassa che potrebbero derivare dal ritardo della messa a regime nei pagamenti. L’azienda, seppure presenti una situazione economica e patrimoniale “equilibrata”, sotto il profilo finanziario manifesta delle “criticità importanti”: una su tutte l’incertezza sulla richiesta di modifica del piano di ammortamento per un vecchio finanziamento ottenuto da alcune banche nel lontano 2005.
Stretto di Messina, si riparte
Con la ripartenza del progetto del ponte sullo Stretto è ritornata in movimento anche la vecchia società Stretto di Messina, adesso ‘in house’ con un socio di maggioranza: il ministero dell’Economia che detiene il 55,1% delle azioni. Amministratore delegato Pietro Ciucci. La quota della Regione Siciliana è minima: 1,15%, pari a quella della Regione Calabria. Il 30 aprile di quest’anno è arrivato l’ok al bilancio del 2023, l’anno della ripresa dopo la revoca della legge che mandava in liquidazione la società.
Il Consorzio Navtec Scarl
La Regione detiene infine una piccola percentuale, pari al 7,2%, nel Consorzio di ricerca per l’innovazione tecnologica, Sicilia trasporti navali, commerciali e da diporto. Costituito nel 2008, il Consorzio Navtec Scarl non interessa più alla Regione, che ha manifestato la volontà di dismettere la partecipazione esercitando il diritto di recesso. Il Consorzio, che non ha approvato il bilancio 2023, tuttavia ha ritenuto che non ricorrano i presupposti. Ne è scaturita una diatriba legale e per trovare una soluzione è stato chiesto un parere all’Avvocatura distrettuale dello Stato, che ha citato la società in giudizio davanti al tribunale di Palermo: il contenzioso è ancora pendente.
Il Consorzio Agribiopesca
Supera di poco il 7%, invece, la quota azionaria detenuta da Palazzo d’Orleans rispetto al Consorzio Agribiopesca. Anche in questo caso manca il bilancio del 2023 e anche in questo caso la Regione intende abbandonare la barca. Per questo motivo è stata chiesta invano, per due volte, la liquidazione del valore della quota azionaria. Anche la vicenda Agribiopesca si concluderà in tribunale.
Le società in liquidazione
Sei, invece, le società per le quali è stata avviata la liquidazione: Biosphera (la Regione detiene il 53,12%), Inforac srl (100%), Sicilia patrimonio immobiliare (75%), Mediterranea holding (30,3%), Terme di Acireale e Terme di Sciacca (100%).