PALERMO – Quindici giorni di dolore. I momenti di quella tragica giornata tornano come continui flash nella mente di chi conosceva Thavezthu-Kumar Lawranes, 44 anni ed il fratello 38enne Nanpha-Kumar, che hanno perso la vita a Ferragosto nelle acque di Capaci. Le immagini del mare agitato e di quelle onde che hanno inghiottito i due uomini dello Sri Lanka sembrano più nitide che mai nei recenti ricordi di chi ha partecipato direttamente alle fasi di soccorso, cercando di salvare quelle due vite.
Il racconto di uno dei ragazzi a bordo del canotto che ha disperatamente cercato di raggiungere gli sfortunati fratelli descrive lo strazio sull’arenile di amici e parenti, la speranza appesa ad un filo che da lì a pochi minuti si sarebbe spezzato. “Non passa un giorno senza che io pensi a quei momenti – dice Killary Sahayanayagam – perché ho visto coi miei occhi il dolore di chi su quella riva aspettava una buona notizia, ho sentito sulla mia pelle la sofferenza estrema di quando si spegne ogni speranza”.
Killary, anche lui cingalese, si trova a Palermo da otto anni, lavora come collaboratore domestico per alcune famiglie e il giorno di Ferragosto si trovava al mare, a Capaci, con alcuni connazionali. Una giornata di riposo e di festa sotto il sole che si è trasformata in tragedia per il mare diventato grosso e il vento di maestrale: i tre che erano al bordo del gommone stavano facendo il bagno ad una trentina di metri dalla costa, ma le acque agitate li hanno messi in difficoltà. L’uomo di 44 anni è stato letteralmente travolto dalle onde e il fratello ha tentato di salvarlo. Tutto inutile.
Il mare forza 4 non ha avuto pietà ed ha inghiottito pure lui. Il gruppo di connazionali in spiaggia ed altri bagnanti non ci hanno quindi pensato due volte a tuffarsi ed hanno fatto di tutto per tentare di dare una mano, al punto da riuscire a mettere in salvo un terzo uomo. “Per i due fratelli, che tutti conoscevamo da diversi anni – racconta Killary – non abbiamo potuto fare nulla. Erano le 14,50 quando con un altro canotto abbiamo cercato di aiutarli. Li abbiamo cercati ovunque per più di un’ora. Dal mare sentivamo le urla disperate delle mogli, il pianto dei bambini. Entrambi avevano dei figli, uno di otto anni, l’altro di otto mesi. E’ stato terribile, eravamo tutti nel panico e avremmo voluto fare molto di più”.
Una corsa disperata contro il tempo: ogni secondo era diventato preziosissimo e dopo il ritrovamento del primo corpo senza vita, quello del 44enne, lo strazio aveva preso il sopravvento: “Abbiamo tutti sperato fino all’ultimo che il fratello fosse ancora vivo, uno di noi ha indossato un salvagente per restare in acqua e cercare meglio, ma quando ci siamo resi conto della disgrazia siamo rientrati in spiaggia distrutti”.
La zona dove è avvenuta la tragedia è un tratto di spiaggia libera molto distante dai lidi assegnati dall’amministrazione comunale, dove non c’è nessun servizio di salvataggio: “Non potevamo chiedere aiuto a nessuno, abbiamo quindi avvisato i carabinieri – prosegue Killary – ma loro sono stati molto sfortunati. Quello che è accaduto ha colpito l’intera comunità dei Tamil, in molti siamo ancora sotto choc. Erano due bravissime persone, lavoravano come camerieri, pensavano alla casa e alla famiglia. Questi sono giorni tristi – aggiunge – per me e per tutti coloro che quel giorno si trovavano lì a Capaci. Il giorno dei funerali non me la sono sentita di partecipare, ero troppo provato. Adesso non ci resta che dare forza alle loro mogli che dovranno crescere da sole i loro bambini”.