CATANIA – Ha vuotato il sacco subito dopo essere stato condannato in primo grado, raccontando tutti i particolari che hanno permesso di chiudere il cerchio sulla Strage di San Balisio, avvenuta a Vittoria il 2 gennaio 1999: sono state le dichiarazioni di Massimo Billizzi, braccio destro degli Emmanuello ed ora collaboratore di giustizia, la chiave di volta dell’operazione “Victoria” della DDA di Catania che hanno portato all’arresto di cinque persone. Si tratta di Giuseppe Selvaggio, 41 anni, Claudio Calogero Cinardo, 33 anni, Salvatore Siciliano, 48 anni (già detenuto nel carcere di Novara) Alfonso Scozzari, 56 anni, di Vallelunga Pratameno e Orazio Buonprincipio, 44 anni, di Riesi (recluso nel carcere di a Caltanissetta).
Secondo i Pm della Direzione distrettuale antimafia di Catania, fanno tutti parte del commando che quattordici anni fa entrò in azione nel bar di un distributore di benzina Esso per fare fuori tre mafiosi vittoriesi: Angelo Mirabella, allora referente del clan della Stidda a Vittoria, ed i due affiliati al clan Dominante Rosario Nobile e Claudio Motta. Gli spari ammazzarono pure due avventori del bar, che non c’entravano nulla con la malavita: Rosario Salerno e Salvatore Ottone.
Adesso, grazie alle dichiarazioni di Billizzi, sono chiare tutte le dinamiche dietro l’eccidio: per gli investigatori, a fornire i killer fu Salvatore Siciliano, l’organizzatore fu Giuseppe Selvaggio ed il suo autista fu Claudio Cinardo, mentre a fornire le armi (una magnum 357 ed una pistola calibro 9) fu Alfonso Scozzari. Orazio Buonprincipio, invece, partecipò al primo tentativo dell’eccidio, poi fallito. Sono tutti accusati, a vario titolo, di concorso in omicidio volontario pluriaggravato e di associazione a delinquere di stampo mafioso.
“Un tentativo di egemonia – spiega il capo della Squadra Mobile di Caltanissetta Giovanni Giudice – che il clan Emmanuello aveva messo in campo d’accordo con i Piscopo di Vittoria ma anche con l’appoggio logistico di Cosa Nostra nissena. Tant’è che alcuni esponenti del clan vengono forniti dalle famiglie mafiose di Riesi e Mazzarino”.
“Siamo in una fase di ampia destrutturazione – aggiunge il capo della Mobile nissena, vittoriese di nascita – ma questo significa che non bisogna abbassare la guardia, bisogna continuare ad operare anche perchè ci sono delle scarcerazioni. Sia in provincia di Caltanissetta sia in provincia di Ragusa, però, siamo di fronte ad una vera e propria decapitazione dei vertici delle famiglie mafiose”.
“C’erano dei killer professionisti, però poi i neofiti sono andati oltre, hanno ucciso anche due persone completamente estranee ai contesti criminali. C’era tutta una organizzazione militare, dietro, che era stata organizzata da Daniele Emmanuello. Ricordo che la Squadra Mobile di Caltanissetta è stata quella che ha arrestato, subito dopo i fatti e grazie a delle intercettazioni, Alessandro Emmanuello e Giovanni Piscopo, cioè i due protagonisti della strage che si erano rifugiati in Germania. Adesso la ricostruzione è completa, il cerchio si può dire chiuso, e tutti i soggetti responsabili di quella strage hanno adesso una imputazione. Questi cinque subiranno un altro processo, dopo quelli che ci sono stati, e pensiamo di aver scritto veramente una pagina di Giustizia”.
Importante la collaborazione con la società civile gelese e vittoriese: “Questo è fondamentale: a Gela – conclude Giovanni Giudice – abbiamo fatto la rivoluzione grazie agli imprenditori ed ai commercianti che hanno collaborato, grazie all’associazione antiracket, all’associazione LIbera: i primi arresti e le prime denunce hanno consentito di mettere in galera questi soggetti. Alcuni di loro poi hanno collaborato di fronte a delle condanne severe. Le collaborazioni hanno prodotto il risultato di poter ricostruire omicidi efferati e anche, in questo caso, la strage di Vittoria”.