Ha naturalmente scosso l’ambiente politico cittadino l’istanza per la dichiarazione di fallimento dell’Amia avanzata dalla Procura della Repubblica di Palermo.
Il Partito Democratico su tutti: il capogruppo a Sala delle Lapidi, Davide Faraone, ha sentenziato: “Su Palermo è ormai calato un buio profondo”, aggiungendo che “più volte abbiamo denunciato gli abusi nella gestione dell’Amia, la cui responsabilità è del clan guidato dal sindaco Diego Cammarata e dell’allora presidente dell’azienda nonché coordinatore cittadino di Forza Italia Enzo Galioto. Questa amministrazione ha trascinato la città nel baratro, non so come Cammarata riesca ancora a guardare in faccia i palermitani senza provare vergogna e imbarazzo”.
Sulla stessa lunghezza d’onda il consigliere Salvatore Orlando, per il quale “il fallimento dell’Amia è il fallimento di Cammarata”, sottolineando che “l’unica speranza per Palermo è che il sindaco si dimetta immediatamente”.
Dall’altra parte, il presidente del consiglio comunale, Alberto Campagna, ha dichiarato in una nota che “il riequilibrio dei conti del Comune va considerato certamente una priorità assoluta. Questo non preclude, ma piuttosto prelude, agli interventi necessari per consentire il riequilibrio dei conti dell’Amia. Non esiste e non può esistere, infatti, alcun conflitto tra il Comune e la sua Azienda, né è pensabile che venga messo in discussione l’impegno dell’amministrazione attiva in favore di Amia”.
Infine, Stefania Munafò, vicecapogruppo di Forza Italia, si è detta contenta perché “le indagini della Procura della Repubblica hanno fatto il loro corso. Adesso nessuno può esimersi dalla relativa discussione. Si prende atto che ci sono stati illeciti, cose che non hanno funzionato, che hanno gravato sulla città. E per l’errore di alcuni piangeranno i lavoratori e Palermo”.