Carlo Gregoli si toglie la vita| Cronaca di una morte in carcere - Live Sicilia

Carlo Gregoli si toglie la vita| Cronaca di una morte in carcere

Dai colloqui con i parenti al gesto estremo. Si è suicidato l'uomo accusato di duplice omicidio.

Carlo Gregoli

PALERMO – I magistrati stanno mettendo a posto i tasselli di una brutta storia. C’è una certezza e molte cose da chiarire. La certezza, tragica, è il suicidio di Carlo Gregoli nel carcere dove era rinchiuso dall’inizio di marzo con la pesantissima accusa di avere ammazzato Vincenzo Bontà e Giuseppe Vela, crivellati di colpi nella borgata di Villagrazia. Stessa accusa contestata alla moglie Adele Velardo, pure lei detenuta nello stesso carcere.

Venerdì scorso uno dei figli della coppia fa visita ai genitori, che hanno il permesso di fare i colloqui insieme, in compagnia della nonna, la madre di Gregoli. Il colloquio è per certi aspetti drammatico. Il padre saluta i parenti. È un saluto che suona come un addio. Raccomanda al figlio di prendersi cura della famiglia, è lui ora l’uomo di casa. Poi, fa capire che avrebbe salutato le altre due figlie nel successivo colloquio previsto per stamani. Ieri il suicidio. Il giovane chiama subito gli avvocati Aldo Caruso e Paolo Grillo che hanno già avanzato un’istanza per ottenere gli arresti domiciliari. Un perito da loro nominato sostiene che lo stato depressivo di Gregoli, di cui soffre da tempo, sia incompatibile con il regime carcerario.

Il giudice per le indagini preliminari chiede un parere ad un altro esperto che conclude in maniera opposta: l’uomo può restare in cella. Sabato il Gip respinge l’istanza di scarcerazione, ma scrive alla struttura penitenziaria affinché vigili sul detenuto. E arriviamo a ieri mattina. Gregoli viene trasferito in una cella dell’infermeria dove si toglie la vita. ”In questi mesi in carcere non era stata registrata nessuna forma di disagio particolare – spiega Francesca Vazzana, direttrice del carcere -. Gregoli mezzora prima di suicidarsi ha incontrato un educatore. Era stata la famiglia a chiederci questo tipo di osservazione visto che in passato aveva sofferto di depressione. L’indagine del Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria sulla morte è di prassi in questi casi. Secondo le disposizioni vigenti, noi siamo tenuti a seguire i soggetti che in qualche modo rilevano un momentaneo disagio psicologo, sono visti quotidianamente dallo psichiatra, dallo psicologo e dal funzionario giuridico pedagogico che è un educatore. Anche il detenuto Gregoli era stato seguito”.

Intorno alle 16.30 di ieri l’uomo si impicca con un lenzuolo. Come è accaduto, chi c’era in infermeria, chi ha dato l’allarme, chi ha gestito i soccorsi? Sono tutti interrogativi su cui lavorano i pubblici ministeri Sergio Demontis e Claudio Camilleri, coordinati dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci, che hanno delegato le indagini ai poliziotti della Squadra mobile, gli stessi che arrestarono i coniugi per il duplice omicidio.

Un delitto tanto efferato, quanto misterioso. Bontà è stato assassinato con quattro colpi a poca distanza dalla macchina in via Falsomiele. Vela, invece, ha fatto appena in tempo a scendere dall’auto. L’autopsia farebbe emergere che è stato raggiunto da sette proiettili, uno sparato alla testa da distanza ravvicinata. Forse il colpo di grazia. Ancora non è stato trovato un movente, mentre sulla colpevolezza di Gregoli gli investigatori sembrano non avere dubbi. Adesso il fardello della pesantissima accusa resta sulle spalle della sola moglie a cui la notizia della morte del marito è stata comunicata in carcere. Decisive saranno le perizie balistiche per stabilire se a fare fuoco sia stata solo pistola oppure due. Se cioè sia stato solo Gregoli a fare fuoco o anche la donna.

La morte prematura del marito cambia tragicamente la strategia difensiva. Per prima cosa i legali presenteranno un’istanza per la scarcerazione della Velardi visto che, dicono, se un ruolo ha avuto è stato di certo subalterno a quello dell’uomo. Ammesso che, sostengono ancora gli avvocati, Gregoli sia davvero l’autore del delitto. Loro nutrono ancora dei dubbi, nonostante le certezze che gli investigatori sono certi di avere raggiunto. In questi mesi, mentre le prove a suo carico diventavano sempre più granitiche, l’uomo è rimasto chiuso nel silenzio. Mai una parola. Mai un cenno ad una possibile apertura. Silenzio, solo silenzio.


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