PALERMO – Un ricorso al Tar potrebbe stravolgere gli assetti dell’Assemblea Regionale Siciliana. Il promotore è Bartolomeo Di Salvo, primo classificato nella lista Popolari e Autonomisti della provincia di Palermo.
I dubbi di costituzionalità
Di Salvo, candidato di punta dell’onorevole Saverio Romano, non ha ottenuto il seggio perché la lista provinciale non ha superato la soglia di sbarramento. Il candidato però mette in discussione la legge elettorale siciliana, da qui prende le mosse il ricorso al Tar che sarà chiamato a pronunciarsi sulla querelle il prossimo sette febbraio. “Ritengo che la ripartizione dei deputati all’interno della circoscrizione di Palermo sia stata fatta calcolando il quoziente in maniera errata, o meglio come prevede la legge, una legge che secondo me ha qualche limite in termini di costituzionalità”, spiega il candidato a Live Sicilia.
Un calcolo a due velocità
Ed entra nel merito della questione accendendo i riflettori sulla legge elettorale regionale. “Abbiamo un sistema di assegnazione dei deputati duplice: il sistema proporzionale per 62 deputati, per 8 onorevoli si ricorre al listino e alle liste regionali”, premette. “L’assegnazione conta i voti in maniera diversa: nel caso del listino conteggia tutti i voti validi ad eccezione delle schede bianche e nulle e rispetto a questo decreta vincente o perdente un presidente. La nostra legge regionale, invece, prevede che le liste che non raggiungono il 5% non contribuiscono a determinare il valore del quoziente. Cosa che invece un verbale della Cassazione ha ritenuto doveroso conteggiare per lo stesso tipo di elezione a livello nazionale”, argomenta. E aggiunge. “Il quoziente viene calcolato considerando tutti i voti validi, anche quelli delle liste che non partecipano alla ripartizione. Ma se è così il voto del cittadino che si è espresso in favorevole di una lista che non ha superato lo sbarramento viene considerato utile alla determinazione del quoziente i risultati in provincia di Palermo cambiano in maniera sostanziale”, spiega.
Lo scenario
Nel caso palermitano il riconteggio determinerebbe un valore in termini di resti più basso per il Pd lasciando invariato quello della lista Popolari e Autonomisti facendo scattare il seggio a Di Salvo. In sostanza, la norma creerebbe un vulnus perché se le liste che non hanno superato lo sbarramento hanno comunque contribuito all’elezione del Presidente questo voto non viene contabilizzato, invece, ai fini della determinazione del quoziente. La pezza d’appoggio è appunto quello che è avvenuto a livello nazionale: l’ufficio centrale della Cassazione, in occasione delle politiche, ha stabilito che tutti i voti che contribuiscono ad eleggere parlamentari vanno inseriti nel computo per realizzare il quoziente ( compresi quelli delle liste che non hanno superato la soglia di sbarramento).
Gli effetti a cascata nelle varie province
“Abbiamo presentato ricorso perché riteniamo che la legge elettorale regionale leda alcuni diritti costituzionali, chiediamo al Tar di rimettere la decisione alla Corte Costituzionale”, spiega Di Salvo. La palla dunque passa al Tar. Il Tribunale amministrativo regionale ha fissato l’udienza il 7 febbraio, in quella sede deciderà se sussistono motivi sufficienti a dibattere la questione. Se il ricorso dovesse andare in porto, non solo scatterebbe il seggio a Di Salvo a discapito del dem Mario Giambona, ma potrebbero verificarsi effetti a cascata anche nelle altre provincie siciliane. Messina in testa.