MESSINA – I carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Messina hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di tre persone, accusate di tentata estorsione e accesso indebito a dispositivi di comunicazione in ambito carcerario.
La richiesta della Dda
Il provvedimento, emesso dal Gip su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia coordinata dal procuratore Antonio D’Amato, riguarda un 39enne e un 33enne, già detenuti rispettivamente nelle carceri di Palermo e Agrigento, e un 24enne precedentemente agli arresti domiciliari. Le indagini hanno fatto luce su un tentativo di estorsione ai danni della Cosedil, impresa edile di proprietà di Gaetano Vecchio, attuale presidente di Confindustria Sicilia.
Il ricatto al cantiere di Fondo Fucile
Il tentativo di ricatto riguardava il cantiere per i lavori di riqualificazione urbana e la realizzazione di alloggi di edilizia popolare in località Fondo Fucile, a Messina. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, l’attività criminale ha preso il via lo scorso 1 dicembre con una richiesta iniziale di 250 mila euro, successivamente ridotta a 100 mila euro. L’operazione estorsiva non è andata a buon fine grazie alla pronta denuncia del titolare dell’impresa, che ha permesso ai carabinieri di avviare immediatamente le indagini e ricostruire le responsabilità dei soggetti coinvolti.
Videochiamate dalle celle
Le modalità della tentata estorsione presentano tratti di particolare gravità, evidenziati dall’uso del metodo mafioso e dall’impiego di un minorenne. I due indagati già ristretti in carcere avrebbero effettuato le richieste estorsive direttamente dalle celle attraverso videochiamate, utilizzando dispositivi introdotti illegalmente negli istituti di pena. Queste pressioni a distanza seguivano i tentativi di approccio fisico effettuati direttamente presso il cantiere dal 24enne e dal minore. Durante le comunicazioni, i criminali avrebbero evocato la propria appartenenza alla criminalità organizzata messinese, minacciando di far saltare l’area dei lavori con l’impiego di ordigni esplosivi.
Il provvedimento giudiziario
Il procuratore Antonio D’Amato ha sottolineato come l’aggravante del metodo mafioso sia stata confermata dal Gip proprio per le modalità esplicite con cui è stato prospettato l’uso della violenza e per i precedenti giudiziari dei soggetti coinvolti, già noti alle forze dell’ordine per fatti analoghi. L’intera operazione sottolinea l’importanza della collaborazione tra imprenditori e istituzioni nel contrastare il fenomeno del racket, oltre a evidenziare le criticità legate all’uso illecito di telefoni cellulari all’interno delle strutture carcerarie siciliane.
Come detto: I criminali gli chiesero 250 mila euro per lasciare in pace il cantiere in videochiamata e dalle carceri.

