PALERMO – “Lo hanno massacrato di botte, abbiamo visto i segni”, racconta la sorella di un detenuto nel carcere di Trapani. I familiari hanno presentato una denuncia ai carabinieri della stazione di Carlentini in provincia di Siracusa.
Sarà un’inchiesta a chiarire i tanti punti oscuri della vicenda. Innanzitutto vanno riscontrati i racconti dei familiari del trentenne catanese – si chiama Ignazio – detenuto per spaccio di droga. Il 30 luglio il detenuto ha potuto fare una videochiamata con la moglie. Le percosse e i maltrattamenti sarebbero iniziati il 7 luglio precedente.
Le ha mostrato i segni delle percosse. In effetti dalle immagini si vedono dei lividi sulla schiena e sulla gamba e delle escoriazioni alla mano. Bisogna capire quali sia stata la causa.
Il giovane avrebbe addirittura riferito che gli agenti della penitenziaria, agli ordini di un ispettore di cui fa il nome, avrebbero cercato di impiccarlo con una corda.
Solo l’intervento di un altro poliziotto avrebbe evitato il peggio. “Da qui non esci vivo”, continuavano a ripetergli mentre lo pestavano. I familiari sostengono di avere tentato di denunciare più volte i fatti, ma solo a Carlentini avrebbero trovato dei carabinieri disposti a mettere il loro racconto nero su bianco e ad acquisire le immagini.
Nella denuncia si parla anche di cibo e vestiti puliti negati al detenuto. “Mia cognata, la moglie, è andata a trovarlo in carcere per il colloquio, aveva dolori ovunque, non poteva neppure toccarlo. Per quello che ha fatto, se ha sbagliato, mio fratello pagherà, ma non può essere trattato così”, racconta la sorella. L’inchiesta deve verificare il racconto dei familiare del detenuto.