PALERMO – Il ‘Grande Vecchio’ torna sulla scena: a 94 anni tra qualche giorno, c’é ancora lui, Licio Gelli, ex venerabile maestro della Loggia P2, al centro di tanti misteri d’Italia. Lo sfondo, stavolta, è la trattativa Stato-mafia. E per ricostruire il contesto in cui maturò il patto che pezzi dello Stato avrebbero stretto con Cosa nostra i pm di Palermo hanno pensato a lui. Per interrogarlo sono andati ad Arezzo, la sua città: e Gelli, sentito come persona informata sui fatti e non come indagato, non si è potuto avvalere della facoltà di non rispondere. Un interrogatorio di un’ora al quale non ha partecipato il legale del ‘Venerabile’, l’avvocato Raffaello Giorgetti, rimasto ad attendere fuori dalla stanza della Procura in cui si è tenuto il faccia a faccia. All’aggiunto palermitano Vittorio Teresi e al pm Roberto Tartaglia, che coordinano l’inchiesta sulla trattativa, interessa ricostruire gli intrecci tra mafia, 007, massoneria deviata ed eversione nera. Rapporti provati in diverse indagini che potrebbero avere fatto da collante tra organizzazioni criminali diverse, unite in una sorta di sodalizio orizzontale con finalità golpiste. Le stragi mafiose del ’92 e del ’93 potrebbero essere maturate nel contesto di un piano di destabilizzazione del Paese che interessava a più soggetti criminali. Di interessi convergenti, proprio nell’indagine sulla trattativa, si parla in più parti. Il pentito Tullio Cannella, ad esempio, racconta di un incontro, a cui avrebbe partecipato anche l’ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino, a Lamezia Terme, a settembre del 1991, per costituire una sorta di Lega del Sud. E della costituzione della nuova formazione politica ha parlato anche il figlio di Ciancimino, Massimo, che ha riferito ai pm di Palermo di un incontro tra suo padre e Gelli, a Cortina, nell’estate del ’92, l’anno delle stragi di Capaci e Via D’Amelio. Gelli oggi, però, ha negato la circostanza. E al suo legale, al termine dell’interrogatorio, ha detto: “I magistrati mi hanno fatto dei nomi, ma io non li conoscevo, solo uno l’ho sentito nominare dal giornale”. (Ansa)
Per ricostruire il contesto in cui maturò il patto che pezzi dello Stato avrebbero stretto con Cosa nostra, i magistrati sono andati ad Arezzo, la sua città: e Gelli, sentito come persona informata sui fatti e non come indagato, non si è potuto avvalere della facoltà di non rispondere.
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