PALERMO – Rischiano di allungarsi i tempi del processo d’appello, in abbreviato, all’ex ministro Dc Calogero Mannino accusato nel procedimento stralcio sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia. Assolto in primo grado dopo un processo durato quasi tre anni, a dispetto del rito scelto, l’ex politico si trova ora a rispondere di minaccia a Corpo politico dello Stato davanti alla corte d’appello che dovrà decidere il ricorso contro l’assoluzione presentato dalla Procura. La Procura generale ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 603 del codice di procedura penale come modificato ad agosto, che, secondo una parte della giurisprudenza, prevederebbe la possibilità di rinnovare anche in appello, in alcuni casi, l’istruttoria.
Una eventualità, vista la natura dell’abbreviato, che non prevede esami testimoniali né assunzioni di prove, che per i Pg Giuseppe Fici e Sergio Barbiera lederebbe il diritto di difesa e allungherebbe a dismisura la durata del processo. La Procura generale ha chiesto, qualora la corte decidesse di non sollevare la questione davanti alla Consulta, cosa che determinerebbe la sospensione del processo, di poter citare 19 testi. Anche questa seconda eventualità farebbe allungare i tempi. All’eccezione di incostituzionalità dei Pg si sono associati i legali di Mannino, Carlo Federico Grosso e Grazia Volo. La Corte dovrebbe decidere all’udienza del 21 dicembre. Sulla trattativa, intanto, prosegue il processo principale, in ordinario, davanti alla corte d’assise di Palermo. L’istruttoria dibattimentale, dopo circa 4 anni, è giunta al termine. Il 30 novembre dovrebbe cominciare la requisitoria dei pm. Alla sbarra ci sono ex ufficiali del Ros, politici come Marcello Dell’Utri, Massimo Ciancimino e boss mafiosi. (ANSA).