Due relitti di navi romane sono state scoperte nei fondali marini di Panarea. L’importante scoperta è stata effettuata il 24 e il 25 giugno ed è stata possibile grazie a un rapporto di collaborazione tra la Soprintendenza del mare, diretta da Sebastiano Tusa, e la Fondazione statunitense “Aurora Trust” nell’ambito di un rapporto di ricerca denominato “Archeorete Eolie” che ha permesso la ricognizione di un tratto di mare di 150 chilometri a sud di Panarea.
Nel corso della conferenza stampa indetta stamattina alla sede della Soprintendenza del Mare in via Lungarini, a Palermo, Sebastiano Tusa ha definito la recente scoperta frutto di un lavoro esemplare: “Quest’ultimo lavoro è stata una ricerca esemplare perchè ci ha permesso di utilizzare tecnologie innovative senza alcun costo in un momento di ristrettezze economiche. Tutto ciò grazie a un rapporto di sinergia con la Fondazione Statunitense dovuto alla richezza del nostro mare e al prestigio che la Soprintendenza ha acquisito in questi anni e che ci ha consentito di avere una certa credibilità anche a livello internazionale”.
In una fase successiva alla ricognizione delle acque, utilizzando la nave “Astrea”, un’imbarcazione dotata di sofisticate attrezzature tra cui il Rov (strumento estremamente maneggevole e versatile in grado di fornire immagini nitide del fondo marino) è stato possibile vedere le immagini dei relitti e del loro carico, fatto da centinaia di anfore di tipo Dressel 21-22 del I secolo d.C.
“Si è trattato del primo scavo marino robotizzato compiuto in Sicilia” ha precisato lo stesso Tusa. Infatti, grazie a queste apparecchiature, è stata recuperata un’anfora per accertamenti di natura merceologica, cronologica e tipologica.
Anche l’Isprea, Istituto Superiore per la protezione e la ricerca Ambientale, ha partecipato all’iniziativa di recupero e il coordinatore del ministero dell’Ambiente, il biologo Franco Andaloro ha parlato di un’ ulteriore importanza che le anfore rivestono nel campo della biodiversità: “Ci siamo accorti – ha detto Andaloro – che le bocche delle anfore era rivolte verso le correnti marine e che al loro interno si sono fornati degli organismi a guscio d’oro che ci permetteranno di risalire alla biodiversità del Mediterraneo di duemila anni fa”.
La scoperta permetterà di andare ad arricchire il Museo di Lipari, unico nel suo genere, con le immagini in diretta dei relitti e del loro carico grazie a delle telecamere che saranno piazzate sul fondo nel luogo del ritrovamento. Presente alla conferenza anche l’assessore regionale ai Beni culturali e all’Identità siciliana Gaetano Armao che oltre a congratularsi con la Soprintendenza del mare per l’ottimo risultato raggiunto ha annunciato anche delle nuove iniziative intraprese dall’assessorato a partire dall’istituzione del Museo del Mare a Palermo.
“Mi sembra una giusta tappa – ha detto Armao – un tributo dovuto al mare a cui Palermo ha legato la sua storia e le sue opportunità. Ci sono le risorse e ci sono le idee per questo nuovo progetto”. Altra iniziativa che sarà portata avanti dall’assessorato sarà la richiesta d’inserimento dell’isola di Motya e dell’isola di Pantelleria nel patrimonio mondiale dell’Unesco.