U picciriddu è diventato grande | Una favola nata a Palermo - Live Sicilia

U picciriddu è diventato grande | Una favola nata a Palermo

Paulo Dybala

Paulo Dybala lavora sodo, esce poco la sera e parla meno, specie davanti a microfoni e taccuini. Il bambino di Cordoba, che nel 2012 lasciò le pampas per il club di Zamparini tra lo scetticismo generale, in quattro mesi alla Juventus ha conquistato la ribalta del calcio europeo. Ma nel suo cuore batterà sempre un pezzo di Palermo.

Calcio - il personaggio
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PALERMO – U picciriddu è diventato grande. Al ragazzo dalla faccia pulita, sbarcato a Palermo dalla terra del tango per iniziare la sua conquista dell’Europa pallonara, sono bastati pochi mesi con la maglia della Juventus per far capire oltre i confini dello Stretto e adesso anche delle Alpi che vale tanto oro quanto pesa.

Paulo Dybala è fatto così. Lavora sodo, esce poco la sera e parla meno, specie davanti a microfoni e taccuini. Il bambino di Cordoba lasciò le pampas per arrivare al Palermo di Zamparini, tra lo scetticismo generale, un giorno di luglio del 2012. Il patron friulano sborsò dodici milioni di euro per uno sconosciuto argentino appena maggiorenne. Nessuno immaginava (come del resto fu per anche per gente come Edinson Cavani e Javier Pastore) che si trattava di un’altra intuizione vincente del patron rosanero.

La Joya (questo il suo soprannome in Argentina dove all’Instituto de Cordoba guadagnava appena 900 euro all’anno. Si, avete capito bene: 900 euro in 12 mesi) arrivò al Barbera con l’etichetta di una scommessa pagata a caro prezzo dal presidente del Palermo. Sui giornali, nei bar e negli uffici del capoluogo siciliano si formularono le ipotesi e i commenti più disparati, e anche velenosi, sulla natura di quell’acquisto.

Paulo, forte dei suoi mezzi e con le spalle rese più grandi dalla perdita del papà a soli 15 anni, non si perse d’animo e, allenamento dopo allenamento, iniziò la sua scalata verso un posto da titolare in squadra convincendo tecnici, compagni e addetti ai lavori delle sue qualità. Dybala non è quello che si può definire semplicisticamente un trascinatore, un fuoriclasse o un goleador. E’ un artista del pallone nel senso più sudamericano del termine, un mingherlino di 177 centimetri capace di danzare attorno a compagni e avversari come solo i campioni sanno fare, senza però tralasciare l’efficacia e la precisione in fase realizzativa. Bello da vedere, costante nel rendimento e di sostanza, insomma. Il sogno di qualsiasi allenatore e di ogni tifoso. Un fenomeno calcisticamente nato e sbocciato a Palermo.

Si, perchè è in Sicilia che è diventato l’idolo di grandi e bambini, signori e signore, nell’anno della promozione dei record dalla serie B alla serie A in cui la sua crescita tecnica sotto le cure di Beppe Iachini è stata affiancata da quella fisica. Le sue esili gambe con cui scese dalla scaletta dell’aereo che lo portò da Cordoba a Punta Raisi divennero settimana dopo settimana più solide, grosse e scolpite. E così oltre all’estro e alla fantasia che madre natura ha donato al predestinato sudamericano lo staff tecnico del Palermo gli ha regalato la solidità fisica necessaria per diventare esplosivo e competitivo nel calcio europeo. Un capolavoro tecnico reso possibile dalla professionalità dello staff di viale del Fante e dalla dedizione del ragazzo che nei suoi anni di permanenza in rosanero non è mai uscito da ideali binari che univano la borgata marinara di Mondello (dove ha abitato) al centro sportivo di Boccadifalco. Mai un gomito alzato, mai una serata di bagordi, mai una multa per un ritardo. Solo casa e pallone, il suo compagno di vita.

E’ così che il cucciolo sudamericano, nato nella terra di Diego Armando Maradona e Lionel Messi, di Omar Sivori e Gabriel Batistuta, è diventato un mix perfetto di tecnica e potenza, un ibrido che divide tecnici e opinionisti sulla sua più corretta collocazione in campo. Attaccante o trequartista? Prima o seconda punta? E via con commenti, interviste e ore e ore di talk show televisivi nazionali che solo quest’anno si sono accorti del fenomeno argentino che per 32 milioni (più 8 di bonus legati a presenze e gol) è passato dalla casacca rosanero a quella a strisce bianconere della Juventus di Allegri. Impossibile trattenerlo all’ombra di Monte Pellegrino dove ha mostrato all’Italia di meritare palcoscenici internazionali di primo piano irraggiungibili realisticamente per il club di Zamparini. E persino Torino, dopo pochi mesi, inizia a stare stretta al fenomeno di Cordoba che ha già attirato le attenzioni del Barcellona di Luis Enrique che lo vorrebbe portare al Camp Nou mettendo sul piatto 80 milioni di euro per vederlo giocare insieme al trio delle meraviglie, Messi-Suarez-Neymar. In Argentina, dove gli avevano affibbiato da bambino il soprannome di Joya (gioiello) ci avevano visto lungo. E allora auguri Paulo, corri verso i traguardi dorati che merita un campione del tuo rango. Al Palermo e ai palermitani resterà per sempre l’orgoglio di aver fatto diventare grande U picciriddu.


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