La terza sezione del Tribunale di Palermo, presieduta da Fabrizio La Cascia, ha condannato a due anni e sei mesi l’eurodeputato del Pid Antonello Antinoro per voto di scambio. Il Tribunale non ha ritenuto che ci sia stato un accordo elettorale con esponenti di Cosa nostra, contestando ad Antinoro il voto di scambio semplice e non mafioso. L’imputato, assistito dall’avvocato Massimo Motisi, si è sempre difeso sostenendo di avere pagato solo per servizi di attacchinaggio durante la campagna elettorale. Il pm Gaetano Paci aveva chiesto la condanna a otto anni. Alla Regione è stato riconosciuto un risarcimento di 30mila euro.
Secondo l’accusa, Antinoro avrebbe pagato cinquanta euro a voto a esponenti mafiosi. In totale tremila euro per sessanta voti nelle regionali del 2008 nel quartiere di Resuttana. Poi Antinoro fu eletto con trentamila voti. Per il Tribunale invece, il deputato avrebbe sì versato delle mazzette ma senza stringere alcun patto con Cosa nostra. Sono state così accolte, almeno parzialmente, le istanze della difesa che ha sostenuto come Antinoro non potesse sospettare che agli incontri elettorali a casa del medico Domenico Galati partecipassero mafiosi. “E’ caduta un’accusa molto infamante – ha detto Motisi – come quella di aver fatto patti elettorali con la mafia. Ovviamente questo non ci basta perché abbiamo l’intenzione di dimostrare la totale innocenza di Antinoro”.
A carico di Antinoro c’erano le accuse di due pentiti come Andrea Bonaccorso e Manuel Pasta. Il primo, in particolare, aveva affermato che a Palermo “ogni zona ha il suo candidato” e Antinoro sarebbe stato sostenuto dalla ‘famiglia’ di Palermo Centro. Manuel Pasta, proprio di Resuttana, aveva invece ribadito di “non conoscere direttamente Antinoro” ma di sapere che la moglie di Salvatore Genova, reggente della famiglia, aveva ricevuto soldi dal politico. Un altro collaboratore, Michele Visita, ha detto di aver partecipato a quegli incontri elettorali da Galati in cui si sarebbe stretto il patto e consegnata la mazzetta. Per Antinoro, il pagamento era un compenso per servizi di attacchinaggio in campagna elettorale. L’avviso di garanzia per l’eurodeputato era scattato nell’ambito dell’operazione Eos con 19 arresti per mafia ed estorsioni nel 2009.