Cateno De Luca, sindaco di Messina, lei alle Europee sostiene la lista di Forza Italia. Una lista che ha avuto una genesi a dir poco tormentata. Che idea si è fatto al riguardo?
“Di un partito che ormai non c’è più. Ho avuto la sensazione di un regolamento di conti di alcune frange che probabilmente si stanno preparando per il dopo ma non in Forza Italia”.
Lei ha inserito un candidato, Dafne Musolino, nella lista forzista. Com’è maturato questo accordo?
“Abbiamo replicato lo stesso modello delle regionali, con l’accordo Sicilia vera-Udc, ora ripetuto alle Europee nelle Isole con Musolino e nel Meridione con Cesa”.
Quindi Musolino è candidata anche dell’Udc.
“Certo, martedì Cesa sarà qui per sgomberare qualunque dubbio. Il 4 maggio, sabato, ci sarà la grande manifestazione regionale di Sicilia Vera e Udc per aprire la campagna elettorale qua a Palermo”.
Quella della Musolino è una candidatura che sta attraendo ambienti centristi anche fuori da quei confini, ce lo conferma?
“Posso dire quello che ho detto a Micciché: mi accontento di prendere un voto in più rispetto a Berlusconi. Ho fatto questa battuta sorniona per spiegare che il mio sarebbe stato un impegno intenso. E gli ho anche spiegato perché”.
Vuole spiegarlo anche a noi?
“Perché le Europee sono un appuntamento importante in vista dei prossimi impegni, anche in vista della sfida per la presidenza della Regione, a cui io aspiro, ma sia chiaro, solo quando Musumeci deciderà di ritirarsi, io non sarò mai candidato contro Musumeci”.
Tra un’elezione e l’altra, però, lei ha anche le sue vicende giudiziarie in corso. È preoccupato su quel fronte?
“Sono sereno, ho questo processo in corso, quello di Fiumedinisi, si definirà in estate. Ho visto la conclusone del primo grado e sono convinto che la questione si chiuderà nello stesso modo”.
Lei è stato arrestato. Che cicatrici lascia un’esperienza del genere?
“Io non so più cos’è l’ansia. Da quando ho subito il primo arresto non so cosa sia. Non ho più nessun tipo di timore, la vita mi è cambiata in questi termini”.
A Messina lei ha vinto fuori dai partiti, anzi, contro i partiti. Ma in queste elezioni lei ha chiuso un accordo con i partiti e non è la prima volta.
“Io dialogo con uomini e donne non con i partiti. E voglio continuare così. Io credo che la partitocrazia sia un male che va estirpato. Partitocrazia significa manuale Cencelli, mantenimento di strutture che servono solo ai partiti, che poi oggi non esistono più, ci sono solo i capicorrente. Lo schema di Messina lo vorrei mutuare in una mia corsa alle Regionali. In ogni partito ci sono uomini e donne di valore, di buona volontà, tant’è vero che io ho un elettorato trasversale”.
A quell’elettorato trasversale si rivolge anche per le Europee?
“Martedì 24 chiederò a tutta la città di votare Musolino, perché su Messina nessun partito ha presentato candidature autorevoli, e li ringrazio. La città di Messina non ha mai eletto un europarlamentare, solo Sonia Alfano, noi siamo la città dell’Europa, è giusto che abbiamo un rappresentante al Parlamento europeo”.
Senta, lei non ha l’impressione che nella politica siciliana, e nel centrodestra in particolare, stia bollendo un pentolone che dopo le Europee si scoperchierà?
“Sì, è una pentola in ebollizione, salterà. Cosa nascerà da queste macerie non lo so, probabilmente abbiamo visioni diverse. Può essere un momento di rassemblement con varie anime in un senso o nell’altro. Io credo che l’unica scelta che abbiamo è quella di rilanciare un movimento meridionalista. C’è che invece vede un soggetto nazionale per i partiti moderati, per i quali invece io non vedo appeal. Non c’è una terza via. Considerando anche che non credo che durerà molto questo governo nazionale”.
Il meridionalismo proprio quando la Lega diventa partito nazionale?
“A maggior ragione. Per quello che sta succedendo oggi i grillini sono assolti per non aver compreso il fatto. La Lega ha mostrato il suo vero volto e dove vuole andare a parare. Il disegno delle autonomie è chiaro: Salvini vuole lo scenario delle macroregioni. Ma non c’è solo la Lega, sono tutti partiti nazionali a trazione nordista. L’operazione che vuole fare il governatore della Liguria Toti è la stessa. Loro si parlano quando si tratta di interessi del Nord, sono trasversali, noi no”.
A proposito di meridionalismo, da sindaco metropolitano lei sta vivendo questa tragedia delle ex Province. Che idea ha dell’atteggiamento del governo centrale?
“L’ho vissuto per le scuole, per le baracche, ora per la Città metropolitana: c’è un conflitto a livello di governo che non è più tanto di colore politico ma tra livelli di governo, e quello centrale è a trazione nordista. Ricordo che Salvini il 14 agosto venne a Messina, mi incontrò e mi disse ‘non voglio mai più vedere bambini che giocano tra le fogne’. Risultato? La dichiarazione dello stato d’emergenza che avevamo presentato allora l’hanno fatta morire già a livello di istruttoria”.
La questione delle ex province si risolverà o arriveremo alla bancarotta?
“Il governo poteva mettere a disposizione 350 milioni di euro prendendoli dall’edilizia per le strutture sanitarie. Si prendono risorse a noi assegnate e si cambia la destinazione. Dall’altro lato c’è la nostra posizione, noi non vogliamo toccate risorse per investimenti, chiediamo risorse extra. Che hanno un fondamento perché la sterilizzazione del prelievo forzoso in Sicilia non si è avuta come altrove, c’è un principio di equità da applicare. Ora però il problema è pratico. Io ho già i dirigenti che si vogliono dimettere perché sono arrivate molteplici denunce per omissione di servizio. Io il 1° maggio, se non ho risposte, prendo la mia fascia e la consegno al prefetto e non firmerò più atti”.
Quindi lei dice: intanto prendiamo i soldi che ci sono…
“Dico bere l’amaro calice e andare avanti, facendo prevalere l’aspetto pratico della vicenda. Oppure se ci si trincera dietro alla questione, giusta, di principio, il banco salterà”.