di ALESSANDRA VERZERA “E’ un dolcissimo Natale, sapore di mandorle e miele”… diceva così la canzoncina della pubblicità di uno dei tanti dolciumi che piombano sulle tavole degli italiani ogni anno.
Poi magari ogni tanto i NAS dei Carabinieri scoprono che i panettoni sono impastati con decine e decine di uova marce ed anche verminate, ma che importa?
Il sapore del Natale rimane comunque quello di mandorle e miele. Lo attendiamo tutti: i bambini, con le loro gioie che la festa amplifica a dismisura, ed anche noi adulti, a volte con qualche tristezza, con qualche rimpianto e forse anche qualche rimorso. Lo attendono gli anziani, con qualche malinconia in più. E i malati, i senza tetto, gli apolidi. Tutti indistintamente aspettiamo, con stati d’animo diversi. Tutti, ogni anno, sbraitiamo dicendo che il prossimo anno penseremo ai regali nel mese di settembre per non rimanere impastoiati in negozi affollatissimi. Ma non lo facciamo mai: ci piace, ci piace da matti anche fare code interminabili alle casse. Ci piace perché, anche quello, crea la giusta atmosfera. I nastri, i cartoncini, le cartoline. E ragazze sui pattini vestite da Babbo Natale che sfrecciano sui marciapiedi della città. Ci piace anche avere ben pochi euro da spendere: è la gioia del dare, una cosa qualunque e non necessariamente un regalo di valore.
La magia del Natale:impagabile.
L’effetto “aureola” è incredibilmente vero: a Natale siamo tutti più buoni. I pedoni li lasciamo attraversare con un sorriso di compiacenza. Il parcheggio lo adocchiamo ma, se ce lo soffiano, non imprechiamo. Il portone lo teniamo aperto a chi sopraggiunge trafelato e pieno di pacchetti.
In questi giorni una storia mi ha colpita in modo particolare: sono le storie di strada, quelle in cui ti imbatti svolgendo le normali attività quotidiane. Andavo a passo spedito verso il supermercato presso cui mi rifornisco, anche io come tutti abbastanza di corsa. All’ingresso del supermercato vedo un nugolo di persone e due ragazze che illustravano qualcosa che da lontano non capivo cosa fosse. Vedevo però ai loro piedi tante buste e sacchetti, ed ho pensato che fosse una delle solite collette di Natale.
In effetti lo era. Ma era una colletta diversa: una raccolta di cibo per i cani abbandonati del rifugio della Favorita di Palermo. Sono rimasta colpita dalla quantità di offerte in cibo che la gente aveva già donato a queste povere bestiole. Ad ogni modo sono entrata a fare la mia spesa nel supermercato: altra sorpresa. Tanti volantini attaccati sugli scaffali ricordavano agli avventori di fare qualcosa per quei cagnolini. Ebbene, in questa città maledetta che purtroppo troppo spesso è colpita da varie violenze, ed in questa stessa città in cui la gente fa fatica a mettere insieme pranzo e cena, mi sono commossa quando controllando i carrelli degli altri che come me facevano la spesa, mi sono accorta che TUTTI avevano preso qualcosa per sostenere quella causa. Mi sono commossa della mia gente. Mi sono commossa a vedere che magari compravano il prosciutto in offerta speciale per se stessi ma che non lesinavano una lattina di cibo ai cani abbandonati. Ma non soltanto.. quando si sono via via esauriti i grandi sacchi di cibo secco per cani, alcuni chiedevano agli impiegati di quel supermercato se ne avessero degli altri in magazzino.
In quel supermercato ho visto letteralmente dei poveracci acquistare cibo per cani: persino persone che normalmente chiedono l’elemosina ai semafori denunciando “fame grande” e che per pagare quelle lattine contavano i dieci centesimi uno ad uno.
Questo è il cuore buono di Palermo, ed è l’anima grande dei palermitani. Ed è per questo che dico doniamo ciò che possiamo, sempre e comunque, ed anche quando metteremo via l’albero e le luci colorate.
Ricordo il Natale di quando ero bambina, e di quando era già di per sé un regalo andare a pranzo dai nonni con il vestitino nuovo, e poi giocare a tombola con lo zio che – nella vana attesa di un numero – si addormentava regolarmente mentre la zia rastrellava tutti i premi, senza sorpresa, consolidata consuetudine. Ricordo i miei genitori affrettarsi a mettere dentro un grande sacco i regalini per tutti e mia madre dare l’ultima sistemata al suo cappotto ed anche al mio. Spesso si portava anche una teglia di lasagne, o della carne al forno con le patate più buone del mondo, sicuramente un gran vassoio di dolci: così si dava una mano alla nonna ormai anziana.
Oggi mi aggiro un po’ malinconica in quella che fu la casa dei miei nonni: ma non ho nessun cappottino da sistemare. Mia figlia, che è anche figlia del suo tempo, si sistema da sola e trova le mie attenzioni assai superflue. Io invece lascio ancora che mia madre mi sistemi una ciocca di capelli che secondo lei è fuori posto: questo mi rende ancora molto “figlia”, ed è una sensazione tremendamente bella. Adesso una cartella della tombola costa due euro: quella con cui giocavo io costava cento lire. Ma il sapore del Natale rimane uguale, così come gli effluvi e gli odori che si respirano già da fuori la porta di coloro che amiamo e prima ancora che quella porta l’abbiano aperta con un sorriso unico ed una luce meravigliosa negli occhi.
Il tempo scorre, scivola via: ma alcuni ricordi, alcuni sapori, alcuni odori ed alcune intime sensazioni, alcuni moti del cuore e dell’anima, per fortuna rimangono sempre uguali a sé stesse. Sarà forse anche questo il miracolo del Natale?
di ALESSANDRA VERZERA "E’ un dolcissimo Natale, sapore di mandorle e miele"… diceva così la canzoncina della pubblicità di uno dei tanti dolciumi che piombano sulle tavole degli italiani ogni anno.
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