PALERMO – Dietro la rispettabile figura di ingegnere informatico in realtà si celerebbe un pericoloso unabomber. Roberto Sparacio era pronto a tutto pur di salvare il patrimonio di famiglia. Persino a trasformare delle pen drive in piccole ma potentissime bombe.
La vicenda si fa ancora più inquietante. In concomitanza con il suo arresto gli agenti della squadra mobile di Trapani, agli ordini del dirigente Fabrizio Mustaro, hanno perquisito il suo ufficio a Pantelleria. Sparacio, 51 anni, che viveva con la madre a Palermo, stava piazzando una carica esplosiva nel carillon di un biglietto di auguri. Nella cava di famiglia, in contrada Kazen, sempre a Pantelleria, nascondeva un chilo di sostanze esplosive e nove flaconi di gamma-idrossibutirrato, meglio nota come “droga dello stupro” perché usata per stordire le vittime prima di violentarle.
> Il video del laboratorio dell’unabomber palermitano
Le indagini della Procura di Trapani ricostruiscono la trama di un film. Ed invece è tutto vero, a cominciare dalle ferite delle vittime. Nell’ottobre 2018 l’ispettore Gian Camillo Aceto apre una busta indirizzata all’avvocato Monica Maragno che insospettita l’aveva consegnata due anni prima in Procura. Dentro c’è una pen drive. L’ispettore la inserisce nel pc. L’esplosione gli provoca gravissime ferite alla mano. Gli investigatori sentono l’avvocato e viene fuori che sta seguendo la causa di un creditore, un ex dipendente del frantoio della famiglia Sparacio a Pantelleria.
Dagli ulteriori accertamenti salta fuori che la madre e la sorella di Sparacio sono state denunciate per stalking a Palermo. Nel luglio 2016 c’è stata un’altra esplosione che ricorda la sfortunata vicenda dell’ispettore di polizia. Un cliente del bar Johnny Walker di piazza don Bosco ha trovato una busta nel bagno. Rientrato a casa l’ha aperta. Dentro c’era una pen drive. La chiavetta, inserita nel pc, è esplosa.
Si scopre che la proprietaria del bar ha acquistato all’asta una casa degli Sparacio a Palermo. C’è di più, spunta anche la denuncia dell’avvocato Mario Volante che ha avviato la procedura per recuperare il credito che una banca vantava nei confronti degli Sparacio. Sparacio lo ha preso a pugni nel suo studio e mentre lo colpiva urlava: “… e ti è finita bene, perché volevo venire col martello… se fosse venuto mio fratello ti avrebbe spezzato le gambe”.
I telefoni di Roberto Sparacio e del fratello Marcello finiscono sotto intercettazione. Le cimici captano le conversazioni che riguardavano la causa persa con il dipendente che ha portato alla vendita all’asta di un terreno a Pantelleria: “… mi sono sempre riservato un colpo basso di quelli che bloccherebbero tutto”. La conversazione avviene tre giorni dopo l’esplosione che coinvolge l’ispettore di polizia.
Chi è davvero Sparacio? Un altro tassello lo aggiunge la testimonianza di un uomo che ha lavorato alle dipendente degli Sparacio nella cava per lo smaltimento dei rifiuti. È rimasto ferito in uno strano incidente. Un liquido gli ha provocato una ustione alla gamba mentre guidava un escavatore. L’operaio riferisce di avere notato nell’ufficio di Sparacio un piccolo laboratorio chimico. È il laboratorio dove confeziona strani miscugli che poi vende su un noto sito on line. Un poliziotto lo contatta. Affare fatto: Sparacio gli spedisce a casa delle sostanze, tra cui nitroglicerina, e un manuale per fabbricare una bomba.
La chiusura del cerchio investigativo arriva intercettando la voce di Sparacio. Nel dicembre 2018 ha appena chiuso una telefonata con la sorella Ivana che è stata convocata dai poliziotti. “Ormai mi pigghiaru… ormai da qui non posso fare niente è finita…”. Sparacio si sfoga con se stesso mentre colpisce il tavolo con una manata: “…quella con la custodia…. ho detto così non ti ustioni… se inserisci il pen drive nel computer sono cazzi tuoi che ti sei comportata male con me…. non l’ho fatto per fare male…”. Sta parlando della busta lasciata nel bar di Palermo.