CATANIA – Università e sprechi immobiliari: non è sterile polemica quella sollevata nell’ultima settimana dal Coordinamento Universitario Catanese. 173 gli immobili affittati a vario titolo dall’ateneo, con 724.000 euro versati ogni anno ai proprietari: alcuni di questi luoghi risultano chiusi, aperti in rare occasioni, addirittura abbandonati al degrado. Dati di fatto, che i militanti del collettivo universitario non hanno tratto da fonti nebulose ma dal sito dell’Università stessa, sezione “Amministrazione trasparente”, oltre che dalla semplice osservazione della realtà cittadina. Ne è seguita una protesta fattiva e metodica, dagli striscioni alle assemblee, fino ad una raccolta di firme che ha raccolto molti consensi tra gli studenti. Quali i passi successivi?
Ci ha risposto la portavoce Lara Torrisi. “Dopo aver raccolto oltre 1000 firme a sostegno della nostra istanza, abbiamo concordato per il 2 novembre un incontro col Rettore: i risultati saranno esposti in un’assemblea pubblica. Tengo a dire che il prof. Basile ha dimostrato la massima disponibilità al dialogo, e infatti le nostre accuse sono rivolte alle amministrazioni precedenti”. Quali risposte ha avuto la protesta durante i primi giorni? “Solo il Rettore ci ha risposto, ma non gli altri enti impegnati nella gestione degli edifici. Quanto alle altre realtà associative, una breve polemica è nata con l’associazione ‘La Finestra’, sia in rete che di presenza. Ma riteniamo che questo dipenda dalla natura del nostro gruppo, privo di qualsiasi contatto con realtà di partito”.
Live Sicilia Catania ha quindi contattato alcune associazioni universitarie per un confronto di pareri. L’associazione Nike condivide la protesta, anche se tende a ridimensionarne i termini: “I dati sono attendibili, ma è dal 2015 che si lavora attivamente per far rientrare gli sprechi”, ha fatto notare il presidente Alessandro Bella. “Noi ne abbiamo discusso con Pignataro, ora l’attuale Rettore sta lavorandoci; il discorso è condivisibile ma non vediamo l’emergenza. A Medicina e Ingegneria, dove si trovano i nuclei più consistenti della nostra associazione, non esiste il problema degli spazi. Tuttavia non c’è dubbio che i soldi degli affitti potrebbero essere spesi in modo più utile”.
Dall’associazione Arché ci ha risposto Simone Platania, rappresentante degli studenti al Senato accademico: “Osserviamo che l’ateneo non utilizza al meglio le proprie strutture, e da sempre ne sollecitiamo una gestione più razionale; tuttavia la posizione espressa dal collettivo ci sembra eccessiva. Condividiamo la risposta del Rettore: l’ateneo sta effettivamente impegnandosi, la questione degli edifici comporta tempi lunghi ma le prospettive sono buone”. Ha manifestato appoggio l’ UDU, inquadrando la questione dal punto di vista di una delle battaglie maggiormente combattute dal sindacato: quella a contrasto dei corsi a numero programmato.
“Il nostro Ateneo continua a giustificare da anni l’attuazione del ‘numero programmato’ come unica soluzione dovuta alla mancanza di strutture”, ha affermato il coordinatore Giovanni Timpanaro, “ma questo è solo l’ultimo caso che dovrebbe servire a far prendere coscienza della realtà dei fatti: le strutture ci sono ma vengono mal gestite e spesso non vi è una programmazione in prospettiva per il loro utilizzo. Chiudere l’Università e far pullulare i test d’accesso non è una necessità ma una semplice volontà”.
Una risposta indiretta da parte istituzionale riguarda proprio uno degli edifici apparentemente trascurati. Si tratta della “Città della Scienza”, sita nei pressi della stazione: uno degli stabili in passato adibiti alla lavorazione dello zolfo, affidato nel 2012 alla fondazione CUTGANA. 10 milioni di euro sarebbero stati impiegati per la ristrutturazione; in seguito l’edificio ha ospitato una mostra itinerante -molto fortunata- sugli errori degli scienziati.
Dal 27 al 29 Ottobre vi si è tenuto un convegno -al quale anche il Rettore è stato presente- in materia di sostenibilità ambientale, mobilità urbana e tutela del patrimonio culturale. Intanto, attendendo il giorno del confronto istituzionale, il Coordinamento non ha arrestato le iniziative di divulgazione: tra queste un “pranzo sociale” non privo di spunti utili al dibattito: “Lo abbiamo organizzato di fronte al bar dei Benedettini, che è chiuso da due anni”, ci ha detto la portavoce del collettivo, rimarcando la questione non ancora risolta del bar –aula studio. Su una linea simile, con sfumature però diverse, si muove anche il Movimento Universitario Autorganizzato, come ha spiegato il portavoce Christian Marino.
“Ci battiamo perché anche gli studenti non iscritti ad associazioni possano ottenere spazi per le proprie attività”. Per l’autogestione di alcuni spazi il gruppo ha raccolto un altro migliaio di firme, iniziativa parallela a quella del Coordinamento che sembra abbia pure riscontrato una ragguardevole partecipazione. Una successiva assemblea ha nuovamente rilevato il problema del bar, inattivo per una questione di appalti. “Uno spazio che risultava sigillato e invece è stato violato: dentro c’erano spazzatura e le travi del palco usato in alcuni concerti”, ha riferito Marino: “Il prorettore, prof. Magnano S. Lio, ha promesso un incontro per ascoltare le nostre istanze, ma non abbiamo ancora ricevuto una risposta formale. Il primo confronto tra studenti e Rettore, il 2 Novembre, ha tuttavia sollevato ulteriori perplessità: “Per quanto apparentemente si parli di un’apertura da parte dell’istituzione accademica verso gli studenti e le studentesse che si mobilitano all’interno dell’Ateneo, nessun reale passo in avanti è stato fatto”, ha comunicato la portavoce del Coordinamento Universitario. In effetti possibili risposte sono state differite ad un ulteriore incontro giovedi 9.
“Non siamo disposti ad accettare risposte ambigue”, commentano i militanti, inclini ad una forma di gestione piuttosto propositiva: “Chiediamo l’assegnazione di uno spazio di coworking tra studenti, docenti, ricercatori e dottorandi, gestito e autogestito da studenti e studentesse del nostro Ateneo”. Più di passo oltre la classica “occupazione”, insomma. (Foto: M.U.A. – L.M.C.)