CALTAGIRONE – Non si placano le polemiche dopo il presunto omaggio al boss Francesco La Rocca durante le celebrazioni del Cristo morto a San Michele di Ganzaria. Oggi pomeriggio la figlia del capomafia sulla sua bachecha facebook ha attaccato la Procura di Caltagirone, che sta indagando sulla processione “incriminata” del Venerdì Santo. Al centro degli accertamenti degli investigatori la deviazione del corteo religioso rispetto al percorso previsto. I militari sospettano infatti che sia stata una scelta per “rendere omaggio alla casa del boss”. Una ipotesi respinta dai tradizionalisti che parlano di decisione per ripristinare il percorso storico.
La Procura di Caltagirone ha iscritto nel registro degli indagati oltre una decina di persone, la maggior parte portatori della bara di Cristo Morto. L’iscrizione è avvenuta, come atto dovuto, in base alla prima informativa depositata dai carabinieri della compagnia di Caltagirone. “Quello che è accaduto a San Michele di Ganzaria è un fatto di una inaudita gravità”. Lo afferma all’ANSA il procuratore di Caltagirone, Giuseppe Verzera, “senza entrare nel merito dell’inchiesta”. Il magistrato conferma l’apertura di un fascicolo e di avere ricevuto una prima relazione da carabinieri della locale compagnia, ma “non conferma né smentisce” l’avvenuta iscrizione di indagati nel registro notizie di reato.
Sul caso è intervenuto anche Mons. Calogero Peri, vescovo di Caltagirone, che ha deciso di sospendere temporaneamente tutte le processioni, nel piccolo e antico centro del Calatino. “Dopo quanto avvenuto è necessario fermarsi – afferma mons. Peri -. La magistratura farà chiarezza sull’intera vicenda. È evidente, però, che sotto il profilo pastorale sia necessario riflettere su quanto è successo e impegnarsi con le azioni dovute ed appropriate, in particolare per non ferire ulteriormente la devozione autentica e l’accoglienza delle quali la comunità sammichelese ha sempre dato prova. La deviazione della processione, quasi con una sollevazione popolare; le aperte critiche contro il parroco che sarebbe stato colpevole di non avere rispettato la tradizione; le voci che ne sono seguite… attendono adesso la loro chiarificazione per essere, pastoralmente, riorientate al fine di evitare il ripetersi di simili accadimenti ed evitare degenerazioni e abusi”.
In prossimità della Settimana santa il parroco della comunità, aveva richiamato i fedeli ad una sentita e genuina partecipazione di fede e ad una pietà popolare nutrita dai valori della liturgia. Per ovviare alle criticità degli anni precedenti, il parroco, il Consiglio pastorale e il Comitato, sentita anche la comunità, avevano deciso di ridurre il percorso della processione, tagliando tutti quei tratti che presentavo delle difficoltà (come ad esempio la salita al Carmelo e le altre strade eliminate rispetto al percorso tradizionale, tratti partecipati da pochi; la strada statale che non si può occupare per tempi prolungati), nel tentativo di favorire una partecipazione attiva e consapevole in un clima di silenzio e di preghiera. Tale decisione, com’è obbligo e prassi, è stata comunicata ai Carabinieri, al sindaco e all’Amministrazione comunale che ne hanno preso atto e l’hanno attuata.
Nel momento in cui i portatori hanno deviato dal percorso stabilito il sindaco (che si è tolta la fascia) e il parroco non hanno più seguito la processione, dissociandosi da quanto stava accadendo e affermando che quei percorsi non erano autorizzati. “La pietà popolare è una straordinaria risorsa per l’inculturazione del Vangelo – aggiunge mons. Peri – e rappresenta un significativo contributo popolare alla riflessione teologica e pastorale. Tuttavia deve essere illuminata dal Vangelo ed incanalata nella Tradizione della Chiesa. Nelle feste è chiaro che la processione rappresenti un momento forte per la pietà popolare e di grande visibilità. La processione è, però, espressione di un sentimento di fede se nasce dalla liturgia e se si nutre dei suoi valori. In altro modo è una manifestazione di folclore che seppur antropologicamente giustificabile, rischia di non condurre a Cristo”.
Sui passaggi “incriminati” faranno adesso luce le autorità competenti. “In questo momento – conclude mons. Peri -, per ovvie ragioni, ritengo di non dover dire nulla sulla questione del presunto “inchino” od “omaggio”. Ho pieno rispetto e fiducia nel lavoro dei Carabinieri e della Procura. È però mio dovere, come pastore di questa porzione del Popolo di Dio che mi è stata affidata, qualora se ne ravvisasse il pericolo, difendere la fede e la tradizione popolare da tutto ciò che è antievangelico”.