La fiducia nello Stato brucia. Si dissolve tra le fiamme che avvolgono i cassonetti di viale Michelangelo. Si confonde nel fumo cupo dei resti di quelli del Cep. Si mescola ai miasmi di Mondello. L’uomo del terremoto ha sentenziato. Si ricomincia a ripulire. In fondo, qui come a Napoli, come a L’Aquila, è solo un problema di macerie da togliere. Che siano di pietra o di carta poco importa. Ma Palermo non si fida e si affida al fai da te. Perciò i cassonetti bruciano nell’ultima notte d’emergenza, almeno così dovrebbe essere. E’ il bagliore della festa della munnizza che non vuole più andare via. Si è trovata bene nel suo viaggio in città. Seguiranno cartoline compiaciute.
La passeggiata per Munnizza City comincia a mezzanotte. Il compagno di viaggio avverte: “Poco fa sono passato da viale delle Scienze, c’erano almeno due cassonetti al rogo”. Al rogo, come le streghe di tanto tempo fa. E forse non è nemmeno un caso che la traversata inizi a mezzanotte. E’ l’ora del ritorno di Cenerentola, della carrozza fatata che si decompone in zucca. Vorremmo assistere al miracolo contrario, per una volta, all’apparizione dei soccorsi promossi. Vorremmo vedere Palermo liberata dai suoi stracci e pronta finalmente per un giro di valzer, ma senza turarsi il naso.
Si parte per le periferie. Troppo facile promettere la rivoluzione in via Libertà, sotto gli occhi di tutti. In via Michelangelo c’è un fumo denso e grigio che si confonde con le nuvole. C’è una macchina della polizia che sorveglia la zona, in attesa dei vigili del fuoco. C’è un gruppo di ragazzini in motorino che sorveglia la scena, poco lontano. E’ sempre così. I branchi di ragazzini motorizzati non mancano mai. Sono presenti ovunque, a pochi passi dal corpo del delitto. Una coincidenza, probabilmente. Un agente si preme un fazzoletto sulla bocca. Fa cenni con la mano. E’ necessario sorpassare l’incendio. L’ha ricordato il medico: i vapori dei cassonetti bruciati sono più pericolosi della puzza dei cassonetti integri.
Al Cep si avverte un olezzo di detriti dati alle fiamme. Eppure il rogo non c’è. Né ci sono tracce di fuochi recenti. C’è solo il cattivo odore che segnala la presenza di un fuocherello fantasma. I rifiuti sono posteggiati a schiera. Uno strano liquido circonda la zona della munnizza.
Non brucia soltanto la periferia. Qualche ora prima bruciava Mondello, nella parte di via Castelforte, accanto a un’edicola. Tanto fumo e un’altra, suo malgrado impotente, macchina della polizia, a presidiare lo scioglimento della plastica. Una decalcomania dell’impotenza istituzionale.
A Borgo Nuovo le tracce della piromania disperata sono evidenti. In almeno quattro punti, al posto dei cassonetti, c’è una cenere appiccicosa. Il lavoro è stato compiuto a dispetto delle parole dell’uomo delle sfide impossibili. “Stasera ripuliremo – è il tam tam di ieri – stasera ripuliremo”. Il mantra di Bertolaso. Un’ordinanza, una giaculatoria. Ma la fede nel popolo delle promesse somiglia alla cenere di Borgo Nuovo. Non puoi costruirci niente con i suoi granelli di amarezza e rassegnazione.
Al ritorno per viale Michelangelo, il miracolo. Parrebbe, sì, ma forse… E’ un mezzo dell’Amia in solitaria missione notturna. Sembra una colomba col ramoscello d’ulivo. Passaggio inverso. Il cassonetto di viale Michelangelo brucia ancora. Il poliziotto di guardia ha le lacrime agli occhi. Respira a fatica.
Tutto è calmo, invece allo Zen. Nei tuguri di via Rocky Marciano, tutto intorno alla piazza, la spazzatura riposa tranquilla. C’è la solita presumibile attività di spaccio e sarebbe poco saggio attirare la polizia con i bagliori della festa della Munnizza. L’unico sussulto è una scritta sul muro contro l’attuale sindaco. No, non è Leoluca Orlando.