PALERMO – Non c’è pace all’ospedale Villa Sofia di Palermo. Nel caos provocato dalle inchieste giudiziarie, mentre si lavora per tornare al necessario clima di serenità, la cronaca si arricchisce con l’inquietante incursione nelle stanze di due medici.
Si tratta di Milly Giaccone e Dorotea Acquaro. Lunedì mattina la Giaccone – la figlia del professore di Medicina legale assassinato dalla mafia, ha presentato un esposto in Procura d’intesa con l’avvocato Stefano Giordano – era appena arrivata nel suo ufficio di dirigente medico dell’Unità operativa Politiche del personale e comunicazione ed ha trovato la stanza a soqquadro. Cassetti aperti, serrature degli armadi forzati, archivi rovistati, oggetti sulla scrivania con un inquietante paio di forbici in bella mostra. Infine, sulla sedia c’erano resti di cibo, tovaglioli di carta e bicchieri usati. L’autore del raid aveva anche provveduto ad abbassare le telecamere di videosorveglianza per evitare che inquadrassero la stanza. Quindi, non si tratta di uno sprovveduto, ma di qualcuno che sapeva dove mettere le mani.
Ad una prima ricognizione nulla sembra essere stato portato via. Si tratta della stessa scena che si è ritrovata davanti agli occhi anche la dottoressa Acquaro, la cui stanza si trova nello stesso corridoio, al secondo piano dell’edificio monumentale che ospita alcuni uffici ospedalieri.
Un episodio grave che spaventa una donna, la Giaccone, con un percorso umano segnato dal dolore. E non solo per la morte del padre, ucciso più di trent’anni fa. Una sua perizia inchiodava un assassino all’ergastolo, gli fu chiesto di modificarla e lui si rifiutò, scatenando la reazione mafiosa.