Violenza mafiosa, rapinatori pestati a sangue: "... è ricoverato"

Violenza mafiosa, rapinatori pestati a sangue: “È ricoverato”

Il titolare di una nota catena di negozi di detersivi chiese aiuto al boss Calvaruso. Sono stati entrambi fermati

PALERMO – Braccati, rapiti e pestati a sangue dentro un garage. È il capitolo più violento dell’inchiesta che ha portato all’arresto del boss di Pagliarelli Giuseppe Calvaruso.

Fu Francesco Paolo Bagnasco, anch’egli fra i cinque fermati dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, titolare dei negozi “Serena detersivi” a chiedere l’aiuto del mafioso per punire gli autori di due rapine.

Il 29 agosto di due anni fa due persone armate di coltello rapinano il punto vendita di via Altofonte 89. Si portano via 4.500 euro. Il 3 settembre un nuovo colpo: 2.800 euro di bottino.

“Potresti salire cinque minuti?

Parte la caccia all’uomo. Bagnasco chiama Giovanni Caruso (altro fermato). “Mi potresti fare una cortesia grande Giovà? Potresti salire cinque minuti ai Pagliarelli? Al negozio”. Poco dopo si capisce il perché dell’urgenza. Caruso viene intercettato mentre guarda sul tablet i video delle rapine, caricati su una pen drive. Caruso: “… già sta aprendo la cassaforte da sotto… si sono portati la cassaforte da sotto… non si sono portati quelli del cassetto… è nervoso guarda… guarda si alza gli occhi … sedici … diciassette … e guarda là sopra… l’hai visto qua?”

“Ho trovato il pannello”

Il 4 settembre la svolta nelle ricerche. Caruso contatta Bagnasco. Ha individuato gli autori dei colpi. Usa un linguaggio criptico: “Comunque ti ho trovato… il pannello l’ho trovato… dammi il tempo. Che lo devo ordinare. Perché lo devo cercare… ora stai sereno come il tuo nome Serena”.

“Pestati in un garage”

Il 7 settembre il drammatico epilogo. Caruso chiama Calvaruso: “Ma non scendi? Io sono sceso”. L’appuntamento è in un garage in via Piave. E avverte pure Bagnasco: “Ci siamo fatti una corsa caricavo e scaricavo tutte cose però vieni… vieni… Francè”.

Le confidenze alla moglie

Cosa è accaduto in via Piave si ricostruisce dalle confidenze di Caruso alla moglie all’interno della sua Audi Q3: “… tu non ne sai niente di questo discorso ah che capace ti arriva a dire: ‘minchia è selvaggio… mi sono rilassato questa giornata mi sono dato una scarricata che tu non hai idea… appena è entrato… l’ho preso ci dissi: ‘cammina… cammina prima che diventi scolapasta… all’ospedale… è ricoverato… pure il polso mi duole”.
In via Piave furono convocati l’ideatore del colpo, Giovanni Armanno, e gli esecutori Martino Merino e Davide Bonura. Tutti picchiati per avere rapinato la persona sbagliata.


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