“A Palermo c’è chiaramente un’emergenza sociale, la tensione ormai è troppo alta. C’è bisogno dell’intervento dello Stato”. Il presidente del consiglio comunale palermitano Alberto Campagna è chiaro nel fotografare lo stato delle cose per le vie della capitale isolana, dopo giorni e giorni di manifestazioni continue. Parole che non nascondono una nemmeno velata preoccupazione, all’indomani dell’intimidazione che lo stesso Campagna ha subito, ricevendo sotto casa una minatoria testa di capra. Una minaccia, su cui sta indagando ora la Digos, che il presidente di Sala delle Lapidi tende a stigmatizzare: “Con quel gesto hanno voluto colpire me, nel mio ruolo istituzionale. Immagino, però, che simbolicamente la testa di capra mi sia stata recapitata intendendo come destinatario tutto il consiglio comunale”.
C’è una via per uscire dall’impasse amministrativa che attanaglia al momento Palermo?
“Personalmente credo che sia arrivato il momento di prendere posizione chiaramente. I “ni” servono solo a rendere sempre più calda una piazza che è già infuocata. Io, dal canto mio, posso solo chiedere l’impegno di tutto il consiglio comunale, perché torni ad esprimersi con atti. Devono essere pronunciati i”sì” e i “no” del caso”.
Non è stato controproducente rinviare per più di una settimana l’attività d’aula?
“Sono state prese le decisioni più sagge, facendo i conti con il clima di paura che colpisce prima di tutti i consiglieri comunali. Il problema non è tanto entrare a Palazzo della Aquile, quanto poi uscire in piazza Pretoria senza essere presi di mira dai manifestanti”.
Chi deve prendersi la responsabilità di mettere un freno a questo clima di tensione?
“Io faccio un appello alla politica, affinché vengono abbandonate le contrapposizioni aspre. Bisogna fare fronte comune per affrontare i problemi adesso sul tavolo. Poi bisogna appellarsi al buonsenso di chi manifesta. Ci si deve rendere conto che la città non può rimanere per settimane intere prigioniera della piazza. Prendendo ad esempio il caso degli ex-Pip: chi ha messo loro in testa di potere essere stabilizzati attraverso la trasformazione della Spo in società per azioni ha sbagliato, e dovrebbe fare un passo indietro”.
Quanto ancora Palermo può reggere questa situazione?
“Poco, la città rischia di scoppiare”.
Come si può ritornare sui binari della normalità?
“A questo punto deve essere soprattutto lo Stato a trovare soluzioni all’emergenza sociale. Dal canto suo il consiglio comunale non si è mai tirato indietro e ha fatto sempre il suo lavoro. Bisogna prima di tutto affrontare discussioni importanti come quelle sul bilancio, e sul piano di edilizia economica e popolare. Ma bisogna essere consapevoli che il consiglio non è l’organo preposto a risolvere tutti i problemi di questa città. Palazzo delle Aquile non può essere la valvola di sfogo per tutte le questioni irrisolte”.