Il neo pentito Stefano Lo Verso ha detto ai magistrati della Dda palermitana che nel 2006 la cosca mafiosa di Bagheria voleva uccidere il sostituto procuratore Nino Di Matteo e il deputato Pd Giuseppe Lumia. Secondo Lo Verso, il progetto stragista gli venne confidato da Giuseppe Di Fiore, vicino al boss Bernardo Provenzano, durante un’udienza del processo Grande mandamento nel 2007. Gli attentati, secondo il pentito, non vennero portati a termine perché non vennero autorizzati dai vertici di Cosa nostra. I magistrati stanno cercando riscontri al racconto del collaboratore e innanzitutto vogliono appurare se nel processo ‘Grande mandamento’ Lo Verso e Di Fiore siano stati in cella insieme, nell’aula bunker dell’Ucciardone.
Del presunto progetto di attentato si è già occupato il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica, convocato due settimane fa, proprio a ridosso delle dichiarazioni di Lo Verso. Il Comitato, convocato dal prefetto, però, non ha potuto fare alcunché, visto che sia Di Matteo, presidente distrettuale dell’Associazione nazionale magistrati, che Lumia, ex presidente della commissione parlamentare Antimafia, hanno il massimo livello di protezione previsto dall’ordinamento italiano.
Il pentito, che da pochi mesi ha accettato di essere sottoposto alla protezione, ha raccontato di avere saputo da Di Fiore che l’attentato doveva avvenire per Di Matteo a Santa Flavia, località in cui il magistrato villeggiava, mentre Lumia dove va essere eliminato nel bagherese dove aveva una villa. Al progetto si sarebbe opposto Provenzano in persona preoccupato dagli effetti degli omicidi sui processi in corso. Il racconto dell’attentato mai compiuto è stato depositato in un verbale finito agli atti dell’udienza preliminare a carico di alcuni mafiosi di Ficarazzi.
Nel procedimento sono finiti anche altre decine di verbali in cui Lo Verso racconta i suoi strettissimi rapporti con Provenzano, ospitato tra il 2003 e il 2004, mentre era latitante, nella villetta della suocera del pentito. Lo Verso ha anche racContato che Provenzano camminava tranquillamente a piedi in paese a Bagheria certo che nessuno lo avrebbe riconosciuto. Oltre a ricostruire le dinamiche della cosca bagherese, il pentito ha parlato ai magistrati del confidente Luigi Ilardo, l’uomo che portò gli investigatori a un passo da Provenzano nel 2005 e che fu poi ucciso prima che diventasse formalmente un collaboratore di giustizia. Provenzano avrebbe raccontato a Lo Verso di avere incontrato Ilardo e di essersi accorto che questi aveva un registratore. Commentando l’eliminazione del confidente il boss avrebbe poi aggiunto: “Guarda che fine fanno quelli che mi voltano le spalle”.
Lo Verso, che ha scontato una condanna definitiva per mafia, tre mesi fa si è presentato in una caserma dei carabinieri chiedendo di poter parlare col Pm Di Matteo. Da allora collabora con la giustizia.