Quel ragazzo di Quebec City - Live Sicilia

Quel ragazzo di Quebec City

Riceviamo e pubblichiamo una riflessione di un nostro lettore sulla via migliore, per le piccole e medie imprese italiane, di rilanciarsi e resistere sul mercato in tempi di crisi.

I NOSTRI LETTORI DIVENTANO EDITORIALISTI
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Philippe è un ragazzo di Quebec City, Canada. Ha 20 anni e fa lo stagiaire fra imprese locali e il bellissimo Festival estivo della capitale del Quebéc. Studia, fa sport, viaggia e, naturalmente, si diverte con gli amici su Internet. Non guarda o quasi la tivù.

Il suo comportamento riguarda anche le nostre imprese: perché devono imparare a produrre e vendere prodotti adatti a Philippe, e non più ad indistine masse “generaliste”. E d’altra parte, chi è in Italia – o, per dire, in Sicilia – che riesce ancora a vincere nell’economia aperta e ipercompetitiva del 2012 se non le imprese di punta del design industriale e dell’agricoltura – dagli occhiali di Del Vecchio ai vini di Firriato – che continuano a crescere immuni alla crisi?

Come? Con un artigianato fatto industria. In cui gli occhiali e il vino si producono in aziende all’avanguardia; rispettando, anzi valorizzando, l’ambiente e con una distribuzione di livello mondiale: senza intermediari, gestendo direttamente i rapporti con i clienti – i tanti Philippe – fonte primaria dei suggerimenti per il miglioramento: tanto del vino quanto degli occhiali. A imprenditori e manager delle Pmi italiane serve imparare a produrre e comunicare in modo nuovo beni di elevata qualità, secondo un agire organizzato ispirato dallo studio; cioè dalla conoscenza e dalla capacità di rinnovarla continuamente.

Per produrre i beni e i servizi che ci chiede Philippe, svuotando così i piazzali pieni di roba invenduta, ci serve quindi una formazione manageriale nuova e migliore. E per farlo, invece che continuare a perdere all’estero i nostri giovani migliori, serve un Istituto nazionale di management con 3 sedi: al Sud al Centro e al Nord del Paese. E in cui ad insegnare vadano direttamente i giovani tecnologi, scienziati e manager migliori formatisi all’estero nei 20 anni di questa diaspora che, se non cesserà rapidamente, farà del nostro un Paese senza futuro.

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