Abbiamo avuto il “thatcherismo”, dal premier britannico conservatore Margaret Thatcher a Downing Street 10 dal 1979 al 1990. La ‘Lady di ferro’, così fu chiamata, ha estremizzato il liberismo economico con limitazioni al welfare accompagnate da tagli fiscali e tendenze nettamente nazionalistiche.
Abbiamo avuto il “reaganismo”, dal presidente degli Stati Uniti repubblicano Ronald Reagan, in carica dal 1981 al 1989, ricordato per le sue politiche neoliberiste e per la deregolamentazione dell’economia, i tagli allo stato sociale e la spiccata ideologia di mercato. La storia stabilirà cosa di positivo e di negativo entrambi hanno prodotto, certamente sono stati grandi statisti.
Ma se volessimo dare una sostanza al “Trumpismo”, agli interventi all’apparenza stravaganti di Donald Trump, attuale inquilino della Casa Bianca, cosa potremmo dire? Parecchi i dubbi sulle esternazioni e sugli ‘ordini esecutivi’ finora posti in essere dal ‘tycoon’, perplessità che aprono almeno due scenari: i possibili pericoli per la democrazia USA e i rischi per l’Unione Europea.
Qui non ci riferiamo soltanto all’ambito economico sconquassato dai dazi. Nel suo primo mandato e nella fase successiva alla sconfitta elettorale del 2020 Trump ha adottato comportamenti poco rassicuranti, culminati nell’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, evento traumatico che ha messo in risalto una sfiducia crescente nelle istituzioni democratiche di una determinata e rilevante fetta dell’elettorato.
Adesso, le cose sembrano decisamente peggiorare. Non si tratta esclusivamente dell’atteggiamento ostile contro l’Europa, della polarizzazione con la Russia allo scopo di emarginare la Cina e stracciare l’Unione Europea.
No, c’è dell’altro. La sua volontà di imporsi assolutizzando il potere esecutivo, alla faccia della separazione dei poteri, insultando la stampa libera e aggredendo il sistema giudiziario, ritenuti quasi nemici personali, potrebbe scardinare l’indipendenza di organismi e agenzie federali.
Inquietante, poi, il ricorso a figure come Elon Musk che influenza il dibattito pubblico, attraverso potenti strumenti di comunicazione come X, facilitando fake news che minano la credibilità dei media tradizionali e la fiducia nelle regole democratiche. Non ultima anche la violenza verbale e fattuale sull’immigrazione e una forma di neo imperialismo territoriale esaspera gli animi e acutizza i conflitti.
Auguriamoci che i contrappesi dell’apparato costituzionale statunitense reggano. Il Congresso, Senato e Camera dei Rappresentanti, la Corte Suprema e i singoli Stati conservano un certo grado di autonomia e cominciano a farsi sentire – ordini esecutivi esondanti, ad esempio, sono già stati bloccati da alcuni giudici – ma a che prezzo, nel frattempo, per gli equilibri mondiali?
Ora, con i dazi su beni europei e non e una politica estera improntata al primato dell’America l’UE potrebbe trovarsi sotto minaccia economica e geopolitica. Purtroppo un gioco semplice, sebbene incomprensibile perché a danno di storici alleati, viste le troppe divisioni tra gli Stati membri della UE e la tendenza di qualcuno di questi al vassallaggio nei confronti degli Stati Uniti, probabilmente nel vano tentativo di arginare il furore trumpiano. Invece, mai una banale espressione è stata così vera, è l’unione che fa la forza.
Un punto strategico da analizzare riguarda la sicurezza. Trump ha ipotizzato una riduzione delle risorse a favore della NATO se gli europei non aumenteranno le spese militari. Un disimpegno americano ovviamente lascerebbe l’UE in difficoltà, ecco il dibattito sul riarmo, soprattutto di fronte alla Russia che ha già destabilizzato l’Europa orientale con la guerra in Ucraina.
L’affermazione di Trump su una soluzione del conflitto ucraino in tempi rapidi grazie a lui, negoziando direttamente con Vladimir Putin, potrebbe portare a intese sopra la testa degli europei e degli ucraini indebolendo ulteriormente il fronte dell’Occidente.