CALTAGIRONE – Nel girone infernale del racket c’erano croci di legno, alberi tagliati, recinzioni rubate, terreni invasi dal bestiame, minacce telefoniche, pestaggi e incursioni a qualunque ora del giorno e della notte. Alla fine, però, è arrivata la sentenza di condanna per Gaetano Faranda, 4 anni di reclusione, Devid Faranda, 3 anni e 3 mesi e Giacomo Palazzo, 2 anni e 4 mesi.
L’inchiesta è stata condotta dal sostituto procuratore Andrea Andreatta, che aveva documentato le attività estorsive in danno dell’azienda agrituristica Judeka Srl, difesa dall’avvocato Ruggero Razza.
LE ACCUSE – Per tentare l’estorsione”, secondo la magistratura, Faranda il 12 settembre del 2013 si è “impossessato dei pali e dei materiali utilizzati per la realizzazione dell’opera di recinzione”. Il giorno dopo avrebbe “sottratto la rete metallica”.
Devid e Gaetano Faranda insieme a Giacomo Palazzo sono stati accusati di aver rubato “un ingente quantitativo d’uva”, un furto “aggravato dall’essere stato commesso per eseguire il reato di tentata estorsione aggravata”.
Tutti i complici in concorso avrebbero posto in essere “una serie di condotte di carattere violento e minatorio”. L’elenco è lungo. Si inizia con le minacce rivolte ai soci della Judeka telefonicamente dal giugno 2013, poi seguono le incursioni intercettate nella sede dell’azienda agricola. In questo caso uno dei titolari viene avvertito: “Prima di comperare prendevi e domandavi…tu devi bussare tu a me…ognuno ha la sua zona, lì ci sono io”.
Al titolare dell’azienda viene detto: “Ti puoi fare le regole della banca, le regole degli animali tu non te li puoi fare mai…che le regole degli animali non li puoi fare…te li faccio io le regole degli animali…hai capito? Io te lo dico con le buone, non è contro che voglio essere, litigato con te no, un amico sono”. Lo scopo era quello di costringere i soci della Judeka a cedere il controllo dei terreni, ma soprattutto a corrispondere agli estorsori somme di denaro per evitare l’invasione del bestiame sui terreni di proprietà dell’azienda.
SOTTO PRESSIONE – La pressione era costante, gli estorsori più volte, per ottenere denaro, hanno invaso il terreno della Judeka con mandrie di pecore danneggiandolo. Poi il 31 agosto è stato appiccato il fuoco e l’amministratore della Judeka è stato “bastonato”.
Pochi giorni dopo i pali della recinzione sono stati posizionati a forma di croce e un operaio dell’azienda agricola è stato pestato a sangue.
Ad ottobre gli estorsori continuano a fare sentire la loro “voce” con motosega e accetta: vengono abbattuti numerosi alberi di ulivo. Gli inquirenti registrano Gaetano Faranda mentre spiegava come eseguire il taglio e recare il maggior danno possibile.
IL COMMENTO – La Judeka Srl è assistita dall’avvocato Ruggero Razza, che commenta: “L’impianto accusatorio è stato riconosciuto dal Tribunale di Caltagirone e questo risultato premia il lavoro di questi anni. Non siamo ancora alla fine di questa storia, ma siamo molto soddisfatti perché la scelta degli imprenditori di affrontare mesi difficili, denunciando quanto loro occorso, è stata premiata da un ‘primo tempo’ che ci soddisfa”.
PARTI CIVILI – Gli estorsori sono stati condannati al pagamento delle spese processuali alle associazioni Codici Sicilia, Associazione antiracket Francesco Borzì e Obiettivo legalità.