Quel bar del suocero del boss |Beni confiscati, scoppia il caso - Live Sicilia

Quel bar del suocero del boss |Beni confiscati, scoppia il caso

Il bene confiscato ai parenti di Angelo Santapaola riaccende la polemica.

CATANIA – Si alzano i riflettori sulla gestione dei beni confiscati alla mafia. Matteo Iannitti, di Catania Bene Comune, solleva il caso con un post al vetriolo su Facebook. “Ci sono a Catania dei beni confiscati che nessuno ha ancora tolto alla mafia. Beni affidati al Comune di Catania ma che il Comune di Catania non ha mai visitato, mai visto e che sono rimasti in mano alla mafia”, scrive. E poi aggiunge: “Una vicenda sconcertante, grave, che avviene da anni nel silenzio delle Istituzioni. Sembra quasi che la parola antimafia sia declamata da tutti solo in conferenza stampa e poi subito dimenticata”. Il messaggio è accompagnato da un articolo de I Siciliani Giovani (LEGGI) che racconta del caso di un bar sequestrato e confiscato ai parenti del capomafia, vittima di lupara bianca, Angelo Santapaola. Il bar ubicato tra via Belfiore e via Delle Calcare nonostante la confisca è ancora operativo. Eppure il bene confiscato è già stato assegnato dall’Agenzia nazionale al Comune di Catania.

Un caso su cui abbiamo chiesto conto e ragione al vicesindaco Marco Consoli, che ha avuto dal sindaco la delega proprio alla gestione dei beni confiscati che sono entrati nel patrimonio comunale. Tra gli immobili assegnati al Comune ce ne sono diversi occupati abusivamente. E tra questi c’è anche il bar confiscato al suocero del boss Angelo Santapaola, ammazzato nel 2007. La bottega è stata assegnata dall’Agenzia al Comune di Catania a metà dicembre 2017. “Il decreto di sgombero è stato notificato lo scorso 26 gennaio – chiarisce Marco Consoli – La legge stabilisce che per poter procedere devono passare 30 giorni. Superato il termine il sindaco su mia proposta chiederà al Prefetto di convocare un comitato tecnico e si deciderà il piano di azione e come eseguire il sgombero”.

Ma quale è la situazione generale? “Voglio precisare – afferma Consoli – che da un anno a questa parte abbiamo ripreso i rapporti con l’Agenzia dei Beni Confiscati. Questo ci ha permesso di avere assegnati un numero considerevole di immobili. Sono oltre 20: si tratta di appartamenti, box e botteghe. Molti sono prontamente assegnabili al Comune perché sono liberi da persone, altri sono invece occupate sine titulo da soggetti molto vicini dei proposti, in alcuni casi anche parenti diretti. Sono undici gli immobili. Appena ho acquisito questa notizia, con un lavoro iperistituzionale in sinergia tra la polizia municipale e la Procura della Repubblica abbiamo costruito un quadro completo della situazione, non solo identificando i soggetti che occupano abusivamente questi immobili ma tracciando anche un profilo, in alcuni casi, criminale e in altri casi anche economico e finanziario. Perché alla luce di una circolare del ministro Minniti prima di operare uno sgombero dobbiamo verificare se il soggetto occupante è nelle condizioni di poter avere una sistemazione alternativa. In un caso, la cui esecuzione di sgombero sarà tra qualche giorno, l’attività investigativa della polizia municipale ha portato a scoprire che la persona che occupa un bene confiscato alla mafia ha un patrimonio immobiliare non indifferente”. Il lavoro certosino ha portato ad emettere “undici decreti di sgombero”. Tra questi quello della bottega del suocero di Santapaola, appunto.

Consoli vuole chiarire una questione: “Oggi sto rilasciando queste dichiarazioni ma in futuro non risponderò più a questioni che riguardano i beni confiscati se prima non eseguirò gli atti. Io non posso rischiare di buttare al vento mesi e mesi di lavoro perché magari le cose non si sanno. E vorrei sottolineare che chiunque vuole un confronto sulla gestione dei beni confiscati e su come l’amministrazione comunale sta lavorando sappiano che le porte sono spalancate”.

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