PALERMO- La bambina con la paura nel cuore e il ragazzo con l’elmetto luccicante in testa si guardarono. Chissà se per caso o per destino si erano incontrati.
Lei aveva – dice lui – degli occhi che non si dimenticano. Lui era un prestante giovanotto di Reggio Emilia, un vigile del fuoco volontario di appena vent’anni. Lei era Eleonora Di Girolamo, ‘Cudduredda’, la bimba che è diventata uno dei simboli del terremoto del Belice di cui ricorre l’anniversario. Lui è Ivo Soncini, nella sua pronuncia forte di settantenne risuonano il coraggio e la generosità del ragazzo di quel giorno.
“Il Belice è stata una tragedia e per me un’esperienza di formazione e di vita. Qualcosa che mi ha aiutato a vivere con consapevolezza – racconta Ivo -. Ero un volontario dei vigili del fuoco. Sì, avevo vent’anni e avevo scelto di espletare il mio servizio militare con loro. Quattro mesi alle Capannelle, destinazione Modena, un corso per i mezzi speciali a Rieti. Non c’era la Protezione civile allora, perciò esisteva un nucleo messo a disposizione per le calamità. Personale pronto a operare subito. Praticamente dormivamo con lo zaino sul letto”.
Il vigile del fuoco Ivo Soncini parte per il Belice. La sua famiglia lo vede, preoccupatissima, che sale su un aereo nelle immagini di una tv in bianco e nero. Per qualche tempo non ne saprà più niente. Altra epoca. La contestazione. Corrado con ‘La corrida’. Il Vietnam. Giuseppe Saragat Presidente della Repubblica. Niente social. Solo occhi e mani per tutto.
“Allora non c’erano i telefonini – dice lui – per fortuna. Arriviamo il quindici gennaio sera a Castelvetrano per allestire il campo. E cominciamo subito a cercare tra le macerie”. Il paesaggio è lunare. Case crollate. Una zona sventrata. Nelle cronache si rintraccia la testimonianza di un medico che narrava, pressapoco: ‘Operavamo e il terreno ci ballava sotto i piedi’. E’ una corsa tra la devastazione e la solidarietà.
La bambina e il ragazzo si incontrano. Chissà se fu il caso o un appuntamento stabilito dal destino: lei con la paura nel cuore, lui con l’elmetto in testa. Una voce ricorda cinquantuno anni dopo: “Stavo scavando per estrarre un cadavere e sento qualcuno che chiama: ‘Ehi, ehi, ci sono anche io…’”.
Ecco Eleonora, ‘Cudduredda’. La voce ricorda: “Comincio a farla parlare. La tiriamo fuori. La prendo in braccio. La stringo. Aveva due occhioni incredibili e un cappottino bianco”. Cudduredda, il soprannome le era stato dato per via di un dolcetto di Gibellina a forma di cuore, morì per una polmonite in ospedale. Aveva sette anni. Sua madre fu sempre grata al ragazzo di Reggio Emilia che le permise di rivederla in vita. Quel meraviglioso ragazzo: il vigile del fuoco Soncini Ivo che, adesso, al telefono, cinquantuno anni dopo, ancora non riesce a trattenere le lacrime.