ROMA – Il solo parametro dell’età non costituisce elemento sufficiente per definire uno stato di fragilità: “la maggiore fragilità nelle fasce di età più elevate della popolazione va intesa congiuntamente alla presenta di comorbilità” (ovvero alla coesistenza di più patologie) “che possono integrare una condizione di maggiore rischio”.
E’ quanto si legge in una circolare dei ministeri della Salute, del Lavoro e delle Politiche sociali che contiene aggiornamenti e chiarimenti in particolare riguardo ai lavoratori ‘fragili’.
Nella circolare si rileva che i dati più consolidati hanno messo in luce una serie di aspetti: il rischio di contagio da Sars-Cov non è significativamente differente nelle differenti fasce di età lavorativa.
Il 96,1% dei soggetti deceduti presenta una o più comorbilità e precisamente il 13,9% presentava una patologia, il 20,4% due patologie, il 61,8% ne presentava tre o più.
Le patologie più frequenti erano rappresentate da malattie cronico degenerative a carico degli apparati cardiovascolare, respiratorio, renane e da malattie dismetaboliche.
L’andamento crescente dell’incidenza della mortalità all’aumentare dell’età è correlabile alla prevalenza maggiore di queste patologie nelle fasce più elevate dell’età lavorativa; in aggiunta a queste patologie, sono state riscontrate altre a carico del sistema immunitario e oncologiche non necessariamente correlabili all’aumentare dell’età.
Ecco perché, secondo la circolare, il concetto di fragilità “va individuato in quelle condizioni dello stato di salute del lavoratore rispetto alle patologie preesistenti che potrebbero determinare, in caso di infezione, un esito più grave o infausto”.
“Non è dunque rilevabile – si legge in un altro passaggio – alcun automatismo tra le caratteristiche anagrafiche e di salute del lavoratore e la eventuale condizione di fragilità”.