Troppi incidenti sull'Etna I ciclisti chiedono sicurezza

Troppi incidenti sull’Etna | I ciclisti chiedono sicurezza

Il passaggio della Carovana rosa, riaccende i riflettori su tornanti affascinanti. Ma troppo spesso divenuti tragici.

CATANIA. I tornanti che da Linguaglossa portano sino a Piano Provenzana, oggi segneranno la terza tappa del Giro d’Italia.
Un percorso impegnativo, infinito, affascinante.
Uno di quelli che ti obbliga ad alzarti sui pedali e centellinare il fiato: una sfida con se stessi, didascalia di sacrificio e impegno per qualunque atleta.
Ma fuori dal professionismo e dalla grande platea della “corsa rosa”, quei tornanti che richiamano alla conquista dell’Etna sono anche il promemoria di quei ciclisti amatori che su quella strada si inerpicano andando incontro, tante volte, troppe volte, al rischio di vedersi travolti dal passaggio forsennato di auto e centauri.

Una cronaca nerissima tra i tornanti

Storie quasi quotidiane che diventano ancor più d’attualità in una giornata di di sport come quella odierna.
La cronaca degli incidenti nelle righe del taccuino è diventata spesso una sottrazione di voci e di colori spariti in fondo a una strada. E dentro c’è di tutto. C’è il dolore per una perdita o la storia di una felicità spezzata. 
“Purtroppo noi catanesi sappiamo di che parliamo quando diciamo che ci imbattiamo in centauri che imitano Valentino Rossi e Stoner creando incidenti”, spiega il già ciclista professionista ed oggi promotore di ciò che è già una concreta realtà come il Parco ciclistico Etna, Paolo Alberati.

“Troppi incidenti”

“Da quando è esploso l’uso dei telefonini, i ciclisti sono diventati un puntino sulla strada – prosegue Alberati -. E questo comporta chiaramente un allontamento della pratica del ciclismo per i figli di ognuno di noi. 
Il Parco ciclistico dell’Etna è nato con l’idea di creare una sorta di “area protetta” dove insediare cartelli lungo i percorsi che evidenziano l’attività ciclistica. Non possiamo più permettere che questo luogo meraviglioso sia palcoscenico di tutti questi incidenti: serve più controllo, più repressione; serve prendere coscienza che un ciclista ucciso è un padre, un figlio, un fratello, un amico.
La tappa del Giro che quest’anno giunge proprio sul Versante nord: che è stato dedicato alla memoria di Michele Scarponi ed alle vittime sulla strada”. 

Il convegno di oggi

Il trascorrere del tempo su quei tornanti ha portato una lunga sequela di tragedie. Ma, per contro, l’accensione dei riflettori sulla questione sembra stare contribuendo all’alimentazione di una speranza che imponga un intervento serio ed una collaborazione tra istituzioni e forze dell’ordine come mai c’era stata prima.
Prova ne è anche il convegno organizzato per questo pomeriggio alle 18.30 all’interno dell’aula consiliare di Linguaglossa assieme ai puri campioni Maurizio Fondriest e Gilberto Simoni.  

“Ne va della salvezza di tante vite”

“Con la cassa di risonanza del Giro d’Italia intendiamo sollevare con ancora più forza la questione”, ribadisce Alberati. “Ci stiamo dando da fare anche dal punto di vista normativo. In Parlamento c’è una proposta legata ad un intervento al Codice della strada: il tecnico della nazionale Alfredo Martini aveva il gusto di far notare che al semaforo vedi il ciclista contento, mentre l’automobilista è sempre incazzato. A significare che noi parliamo anche di qualità della vita e di regole che deve rispettare anche il ciclista evitando di pedalare laddove non è consentito. E’ una questione di rispetto di tutti.
Ne va della salvezza di tante vite”.

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