Nuovi guai giudiziari per il boss di Porta Nuova, Tommaso Lo Presti

‘La chiamata prima dell’omicidio’: confisca per il boss Lo Presti

Nuovi guai giudiziari per il capomafia di Porta Nuova. Sorveglianza speciale più lunga.

PALERMO – Una misura di sorveglianza speciale più lunga quando avrà finito di scontare la pena e la confisca dei beni. Sono le decisioni adottate dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo nei confronti del boss di Porta Nuova Tommaso Lo Presti.

Il boss Tommaso Lo Presti

La pericolosità sociale

Il collegio presieduto da Raffaele Malizia, giudice estensore è Vincenzo Liotta, ha accolto la richiesta dei procuratori aggiunti Sergio Demonitis e Marzia Sabella. Innanzitutto Lo Presti, soprannominato il pacchione, dovrò scontare una sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno di cinque anni e non è più i tre decisi in precedenza.

Sulla base delle indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo, infatti, Lo Presti dopo la sua scarcerazione avvenuta nel 2013 e prima di finire di nuovo in carcere un anno dopo aveva fatto il “salto di qualità”. Secondo Giovanni Di Giacomo, killer ergastolano del gruppo di fuoco di Pippo Calò, Lo Presti aveva fatto tesoro delle lezioni di mafia dei boss Alessandro D’Ambrogio e Nino Rotolo conosciuti in carcere.

Ecco perché Giuseppe Di Giacomo, fratello del killer, assassinato nel 2014, lo aveva voluto accanto a se nella gestione degli affari criminali a Porta Nuova. Ed in effetti Lo Presti si era dato un gran da fare soprattutto nella gestione delle famiglie dei carcerati.

Le ultime frasi prima dell’omicidio

Giuseppe Di Giacomo e il luogo dell’omicidio

Fino all’ultimo colloquio telefonico dell’11 marzo 2014, il giorno prima di essere ammazzato, Giuseppe Di Giacomo si mostrava soddisfatto della collaborazione di Lo Presti. Lo Presti che, a omicidio avvenuto, divenne il punto di riferimento “affidabile” nel mandamento di Porta Nuova.

I beni confiscati

Vanno in confisca una rivendita di moto e officina meccanica, un magazzino e un’abitazione mentre sono stati restituiti un conto corrente e un libretto a risparmio, con poco denaro, intestati alla moglie Teresa Marino, pure lei successivamente condannata.

Della rivendita di moto in via Benedetto Gravina, intestata a Fabio D’Alia, aveva parlato il pentito Francesco Chiarello. Si era presentato per riscuotere il pizzo. E avrebbe ricevuto una risposta tranciante da D’Alia: l’attività era in realtà di Lo Presti.

L’officina “Moto performance”, non lontano dal Borgo Vecchio, era molto nota fra gli amanti delle due ruote, mentre l’appartamento confiscato si trova in via di via Parrini.

Riunione di mafia in officina

L’officina nel 2011 ospitò un’importante riunione per discutere “la rapina, che gli hanno sparato all’indiano… che Alessandro D’Ambrogio voleva le 40 mila euro”. Di più Chiarello non è stato in grado di riferire, ma pare si trattasse di una situazione tanto delicata da scomodare D’Ambrogio che in quel momento storico era l’uomo porte a Porta Nuova e che sarebbe stato poi arrestato.


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