Tangenti e Sanità: prima condanna, no a due patteggiamenti

Tangenti e Sanità: prima condanna, no a due patteggiamenti

Quattro anni e mezzo a Turola

PALERMO – Alla fine patteggia solo Ivan Turola, mentre il giudice rigetta le richieste di Salvatore Manganaro e Roberto Satta. Arriva così la prima condanna nell’inchiesta sul giro di tangenti nella sanità siciliana.

Turola, referente occulto della società Fer.Co, ha concordato 4 anni e mezzo di carcere. Manganaro, considerato il braccio operativo di Fabio Damiani per gli appalti, aveva un accordo con la Procura per 4 anni e 2 mesi (condizionati alla restituzione di tangenti che avrebbe incassato assieme Damiani e che superano il milione di euro), mentre per Satta, responsabile operativo della Tecnologie Sanitarie la pena era stata fissata a 5 anni.

Il giudice per l’udienza preliminare Annalisa Tesoriere ha respinto l’istanza non accogliendo la proposta della difesa di riconsiderare la data di commissione del delitto, retrodatandola da maggio 2019 a gennaio dello stesso anno. E cioè prima dell’entrata in vigore della legge “spazzacorrotti” che non prevede la possibilità di espiare la pene con misure alternative alla detenzione in carcere.

Manganaro e Satta saranno processati con il rito abbreviato proprio come gli altri sei imputati: Damiani, manager dell’Asp di Trapani ed ex responsabile della Centrale unica di committenza che gestiva le gare di appalto a livello regionale; Antonio Candela, allora coordinatore della struttura regionale per l’emergenza Covid-19 ed ex manager dell’Asp di Palermo; Giuseppe Taibbi, imprenditore legato a Candela; Francesco Zanzi, amministratore delegato della Tecnologie Sanitarie spa; Angelo Montisanti, responsabile operativo per la Sicilia di Siram e amministratore delegato di Sei Energia scarl; Salvatore Navarra, presidente del consiglio di amministrazione di Pfe spa. Viene con il rito ordinario Crescenzo De Stasio, direttore unità business centro sud di Siram.

Il fascicolo del procuratore aggiunto Sergio Demontis e dei sostituti Giovanni Antoci e Giacomo Brandini si è arricchito in questi mesi con le confessioni di Manganaro che ha ricostruito il sistema delle tangenti, ma anche con le ammissioni di Damiani.

Sull’acquisizione dei verbali di quest’ultimo al fascicolo del dibattimento è in corso una contrapposizione fra accusa e difesa. Damiani renderà interrogatorio nel corso del processo. Secondo le difese, bisognerebbe conoscere prima cosa ha messo a verbale per formulare eventuali contestazioni.

Nel frattempo l’ex manager della Asp di Trapani ha reso nuovi interrogatori davanti ai pubblici ministeri di cui non si conosce il contenuto.

“Non ho influito sulla nomina di Damiani, anche perché non potevo farlo”: così disse ai pubblici ministeri l’imprenditore milanese Turola. Sua sarebbe stata la mediazione per sponsorizzare la nomina di Damiani alla guida dell’Asp di Trapani. Turola sarebbe voluto arrivare a Gianfranco Miccichè, tramite il fratello di quest’ultimo, Guglielmo. Il presidente dell’Ars, quando vennero fuori le conversazioni fra Damiani e Manganaro, smentì con forza di essersi mosso in favore di Damiani e annunciò querele.

Damiani, Turola e Guglielmo Miccicichè si videro al bar Spinnato di via Principe di Belmonte a Palermo e qui, raccontò Turola, il fratello del presidente dell’Ars “nemmeno aveva capito il nominativo e l’aveva confuso con il mio”.


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