CATANIA – Sono finiti in manette i nuovi boss del clan Santangelo-Taccuni, i referenti della famiglia catanese di Cosa nostra ad Adrano. LE FOTO
È scattata nella notte l’operazione di polizia che ha decimato lo storico clan che opera in una delle cittadine dove la coltre mafiosa sembra difficile da estirpare. Sono centinaia i poliziotti della Squadra Mobile e del Commissariato di Adrano che hanno operato per assicurare alla giustizia gli indagati inseriti nella lunga ordinanza di custodia cautelare del gip.
L’indagine chiamata ‘Adrano Libera’, coordinata dalla Dda etna, è scattata nel 2017. Precisamente quando ad Adrano sono comparsi i necrologi dedicati al giovane Valerio Rosano, figlio del boss Vincenzo detto ‘Pipituni’, che ha deciso di voltare le spalle alla criminalità organizzata ed entrare nel programma di protezione. Una collaborazione con la giustizia che non è stata accettata dalla “famiglia” che lo ha ‘pubblicamente’ rinnegato con il manifesto funebre.
Quanto è accaduto ha portato alle falde dell’Etna le telecamere di Striscia La Notizia. Stefania Petix, in giro per le strade di Adrano, ha invitato i cittadini a realizzare un selfie con la scritta “la mafia fa schifo” e la “mafia è una montagna di m…da”. Tra i tanti intervistati, anche Toni Ugo Scarvaglieri, che ai microfoni dell’inviata del tg satirico ha definito il pentito “un morto che cammina”.
I poliziotti hanno disegnato la gerarchia criminale del clan: Gianni Santangelo sarebbe il vertice della cosca, mentre Antonino Bulla, Giuseppe La Mela, Antonino La Mela, Ugo Toni Scarvaglieri e Carmelo Scafidi invece sarebbero “gli organizzatori”.
Il clan di Adrano sarebbe a capo di un fiorente traffico di sostanze stupefacenti: marijuana, cocaina ed eroina. Le redini sarebbero sempre in mano a Gianni Santangelo, coadiuvato da Antonino Bulla, Rosario Galati Massaro, Antonino La Mela, Toni Scarvaglieri e Carmelo Scafidi.
La polizia ha fatto scattare diverse intercettazioni, che hanno documentato gli affari illeciti del clan: droga e pizzo. Ascoltando le parole di Gianni Santangelo – captato dagli investigatori – pare che le estorsioni riescano a riempire bene le tasche dei Santangelo-Taccuni.
“Io ti sto dicendo che gli ottanta (mila, ndr)… questi sono tutti soldi di acconto… e va bene glieli racimolo di questa nuova (stupefacente, ndr) e non prendiamo niente… Ci campiamo con le estorsioni questo mese…”
Ricostruiti, inoltre, i canali di acquisto dello stupefacente sia con i Balcani che con la Lombardia. I contatti con il nord Italia sarebbero stati possibili grazie all’intermediazione di Antonino Amato e Domenico Salamone, che vivono nelle province di Varese e Como. I due potevano contare su Giovanni Managò, di origini calabresi, che avrebbe avuto legami con l’albanese Ermir Daci.
Per rimpinguare i fondi della cassa del clan, gli affiliati avrebbero organizzato anche diversi furti bancomat. Tra questi quello che si è consumato ai danni del Credito Emiliano di Adrano nel 2017 che ha fruttato oltre 20 mila euro.
I nomi degli arrestati
Sono finiti in carcere: Giuseppe Arena, Kevin Bua, Antonino Bulla, Fabio Castelli, Ermir Daci, Salvatore Diolosà, Salvatore Placido D’Oca, Antonino Foti, Emiddio Fabio Foti, Domenico La Villa, Nicolò Liotta, Federico Longo, David Palmiotti, Nicola Salanitro, Carmelo Scafidi, Toni Ugo Scarvaglieri. Misura cautelare in carcere, ma già detenuti Vincenzo Bulla, Antonino D’Agate, Nicolò D’Agate, Salvatore Foti, Rosario Galati Massaro, Antonino La Mela, Giuseppe La Mela, Nicolò Rosano, Vincenzo Rosano, Gianni Santangelo, Ignazio Vinciguerra. Ai domiciliari, Pietro Lanza, Roberto Leonardi, Giovanni Managò, Domenico Mannino. Obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria per Antonino Amato, Domenico Salamone e Salvatore Truglio.