Sicilia, tre scenari e una suggestione per le prossime regionali - Live Sicilia

Tre scenari e una suggestione per le prossime regionali

Un bis per Musumeci, un cambio di cavallo, un terzo incomodo che spariglia e una fantascientifica maggioranza Draghi.

Nessuno ne parla ad alta voce. Manca davvero troppo tempo per farlo. Ma se ne parla, eccome se se ne parla. I palazzi siciliani aspettando le regionali guardano a Roma e a una data ben precisa da cui passa uno snodo cruciale non solo per la politica nazionale ma anche per quella isolana. L’appuntamento è quello di fine gennaio 2022. Poco meno di undici mesi da oggi. Scadrà in quei giorni il settennato di Sergio Mattarella e si dovrà eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. A Roma c’è chi scommette che a quel punto Mario Draghi possa transitare da Palazzo Chigi al Quirinale. C’è chi invece immagina scenari diversi. E cioè che Draghi possa restare premier fino a scadenza di legislatura, marzo 2023, magari con un breve bis di Mattarella à la Napolitano. E a quel punto il rimescolamento di carte nel quadro politico sarebbe completo.

Maggioranza Draghi

Perché un conto, ragiona un notabile siciliano della maggioranza romana, è una grosse koalition per un periodo di tempo limitato, un altro è una maggioranza che governa insieme per più di due anni. In quel secondo caso, la Sicilia andrebbe a votare per le regionali nell’autunno 2022 con Draghi ancora in sella a Roma con Lega, Movimento 5 Stelle, Pd e Forza Italia tutti insieme a sostenerlo. E se quei partiti dopo più di un anno e mezzo di convivenza decidessero di non farsi la guerra nell’Isola ma la usassero come laboratorio per una nuova grande coalizione da replicare nella prossima legislatura di Camera e Senato? Difficile “vederlo” oggi. Molto dipenderà da cosa accadrà nel malconcio Pd dopo le dimissioni di Zingaretti e da come evolveranno i rapporti interni al centrodestra e i rapporti di peso tra Lega e Fratelli d’Italia, i primi al governo i secondi all’opposizione. La domanda, che evoca scenari quasi da fantascienza più che da fantapolitica ma è tutt’altro che peregrina. E nei palazzi della politica in Sicilia qualcuno ne parla. Una “maggioranza Draghi” per le prossime regionali? Prematuro discuterne pubblicamente ora, certo, ma lo scenario è da considerare, almeno in teoria.

D’altronde, a livello nazionale, dei segnali sono arrivati già. La Lega ha ammorbidito sempre più i suoi toni. Certo, Salvini non è Giorgetti e non è Zaia, ma in Sicilia il Carroccio si presenta con una faccia più moderata. Anche nel Pd nazionale c’è chi, come Graziano Delrio, ha lanciato segnali di apertura dalla Lega. Primi timidi semi, ma c’è tempo. Lo stesso tempo che occorrerà ai pentastellati per seppellire quel che resta del Vaffaday e terminare la metamorfosi contiana che finirà di trasformare gli ex ragazzi ribelli in un partito, più o meno, come gli altri.

Il futuro di Musumeci

Tutti insieme appassionatamente alle urne? Non ditelo ad alta voce, oggi lo smentirebbero tutti. Ma la prospettiva, oggi ancora improbabile, forse non è pura fantascienza. E quando la si tira in ballo nei conciliaboli tra politici c’è chi fa notare un dettaglio, sollevando un quesito: di quale partito della maggioranza nazionale è espressione il presidente della Regione in carica? Nessuno. Il tentativo di federazione dei musumeciani con la Lega non è mai andato in porto. E i recenti faccia a faccia tra il governatore e Salvini non hanno accelerato il processo. Musumeci, che fin qui ha cementato il centrodestra di governo con la sua leadership, in quello scenario, ipotetico e oggi lontanissimo, non sarebbe il profilo adatto a un’operazione Draghi siciliana. Anzi, qualcuno con più fantasia degli altri dalle parti dell’opposizione all’Ars si spinge a immaginare addirittura un Musumeci possibile competitor proprio della “maggioranza Draghi”.

Ma il piano A è un altro

Scenari ancora acerbi per il momento. E che possibilmente non matureranno mai. Il piano A, la prospettiva più verosimile, a oggi resta quella del “vecchio” centrodestra, con un centro riorganizzato e allargato ai renziani che transiterebbero dall’altra parte a Roma come a Palermo (anzi, proprio partendo da Palermo e dalle sue amministrative), e che ripropone Musumeci (con Micciché che ambirebbe al bis a Sala d’Ercole) contro uno schieramento 5 Stelle-Pd con una spruzzata di sinistra (Claudio Fava, uno dei papabili frontrunner in quel caso) e magari una lista del presidente con qualche moderato. Un tipo di scenario che dovrebbe ricalcare quello nazionale e che vedrebbe probabilmente il centrodestra partire coi favori del pronostico, sempre che non spunti un guastafeste a destra a spaccare la coalizione e servire una chance di vittoria al centrosinistra come accadde con Crocetta. Le uscite recenti dei big dem e pentastellati vanno in questa direzione e dall’altra parte, almeno a dichiarazioni ufficiali, non emergono progetti diversi.

Il piano B

Se quello appena esposto è il piano A, prima dell’azzardata ipotesi di  una”maggioranza Draghi”, a cui ovviamente molti papabili interessati oggi non credono affatto, c’è il piano B di un centrodestra che sì rimane compatto ma cambia cavallo. Grossi segnali di entusiasmo dalla maggioranza, tali da escludere quest’ipotesi, non se ne vedono, lascia filtrare qualche big della maggioranza alla Regione. E non è un mistero che la Lega in un quadro di accordi nazionali di coalizione potrebbe rivendicare per sé la candidatura in Sicilia (d’intesa coi suoi nuovi partner lombardiani). Ovviamente tutti tengono le carte coperte e non le scopriranno prima dell’anno prossimo.

Il terzo incomodo

Scenario A e B esplorati, scenario D, la fantascientifica maggioranza Draghi oggi poco più che una suggestione visionaria, rimane per lo mezzo lo scenario C. Quello, sopra accennato, del terzo incomodo. Una probabilità che per qualche tempo è stata temuta dalle parti di Palazzo d’Orleans guardando a Messina, da cui potrebbe arrivare l’uomo in più nella disfida elettorale, quel Cateno De Luca che non ha mai fatto mistero di volersi candidare. A sinistra in fondo ci sperano. In lui o in qualcun altro, annotando come certi alleati di Musumeci mostrino poco trasporto verso il governatore. Un centrodestra diviso sarebbe battibile, è già successo. Ma è ancora presto per parlarne.

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