Damiani in aula parla di "spartizione politica" delle nomine nella sanità

Damiani in aula parla della ‘spartizione politica’ delle nomine nella sanità

L'esame dell'imputato è durato otto ore e non si è ancora concluso.

PALERMO – Fabio Damiani ammette di avere ricevuto soldi in contanti, ma dice che le gare di appalto sono sempre state portate avanti nell’interesse della pubblica amministrazione. Come dire, i soldi non sono serviti a pilotare le gare. Non ci sarebbe stata, dunque, corruzione per compiere atti contrari ai doveri di ufficio.

L’ex responsabile della Centrale unica unica di committenza della Regione siciliana, uomo chiave dell’inchiesta della Procura di Palermo, racconta che le nomine dei manager della sanità sono frutto della spartizione politica.

L’ex manager dell”Asp di Trapani conferma di avere passato notizie che dovevano rimanere segrete sui bandi di gara.

Si può riassumere così il lungo interrogatorio. Otto ore nel corso delle quali ha risposto alle domande dei suoi difensori, gli avvocati Sergio Monaco e Vincenzo Zummo, che avevano chiesto il suo esame.

Quindi è iniziato il contro esame dei pubblici ministeri Giovanni Antoci e Giacomo Brandini, che è stato aggiornato alla prossima udienza. Così come quello dei legali degli altri imputati. Sarà il momento delle eventuali e scontate contestazioni.

I soldi che Damiani ammette di avere preso sono 37.000 in contanti e altri 20.000 spesi con carte bancomat. In entrambi i casi il denaro proveniva dalla tasca di Salvatore Manganaro, imprenditore agrigentino che, secondo l’accusa, grazie all’amicizia con Damiani avrebbe consentito alla società Siram di aggiudicarsi un appalto da 126 milioni per la fornitura dei vettori energetici e la gestione degli impianti tecnologici della Asp 6 di Palermo. Damiani, però, smentisce di essere stato “nel libro paga di Manganaro”.

Damiani in aula, dove viene processato per corruzione in abbreviato assieme ad altri imputati davanti al giudice per l’udienza preliminare, conferma anche un retroscena sull’appalto vinto da “Tecnologie sanitarie”. Ha confermato che Manganaro aveva le chiavi per accedere negli uffici dell’Asp dove l’imprenditore agrigentino ha raccontato di avere sostituito la busta con l’offerta custodita nella cassaforte del suo ufficio.

Solo che Damiani ritiene impossibile che sia stato attuato un piano del genere anche perché nessuno se ne accorse al momento dell’apertura delle offerte. Le buste erano tutte sigillate, firmate e chiuse nei plichi. Ecco perché si dice certo che non ci fu manomissione: “O Manganaro è un mago o è impossibile”. Di fatto Damiani smentisce Manganaro. In ogni caso “Tecnologie sanitarie” avrebbe vinto lo stesso la gara perché era l’offerta migliore tecnicamente e più vantaggiosa per l’amministrazione.

Nonostante questi illeciti, però, Damiani ribadisce che ad aggiudicarsi le gare sono sempre stati le imprese che lo meritavano. È a conferma di ciò sostiene che ci siano due recentissime delibere, sul solco delle precedenti assegnazioni, che avrebbero fatto risparmiare soldi alle casse dell’azienda sanitaria.

I pubblici ministeri insistono sulla nomina di Fabio Damiani chiedendogli se dietro ci sia stato l’appoggio di qualche politico. Nel corso delle intercettazioni era emerso un incontro fra lo stesso Damiani e Guglielmo Miccichè, fratello del presidente dell’assemblea regionale siciliana Gianfranco.

Damiani spiega che Micciché nulla c’entra con la sua nomina. Anche perché, così dice, in quota Forza Italia sarebbe stata scelta Daniela Faraoni all’Asp di Palermo. Un nome per altro su cui neppure si sarebbe speso Miccichè ma Giuseppe Milazzo, eurodeputato di Forza Italia.

Damiani parla di spartizione politica ma non in senso negativo, piuttosto come un fatto normale, assodato, scontato. È la politica che propone le nomine. Niente di illecito, a suo dire, né di scandaloso. La sua fu appoggiata dell’assessore trapanese Domenico Turano, ma tenendo conto delle competenze e del percorso di ciascuno dei candidati.

I giochi erano fatti. Sapeva già che due anni fa lui sarebbe andato a Trapani. Ad un certo punto, però, sono stati gli stessi pubblici ministeri a stoppare l’argomento delle nomine e i dettagli di altre gare di appalto, spiegando che si tratta di temi che riguardano un’altra indagini ancora in corso. Si torna in aula il 29, il racconto di Damiani è solo all’inizio.


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