Turco: "Riforma necessaria, il Parlamento rimanda da trent'anni" - Live Sicilia

Turco: “Riforma necessaria, il Parlamento rimanda da trent’anni”

Il segretario del Partito Radicale parla dei sei quesiti referendari presentati oggi in Cassazione.

CATANIA – Una riforma mai avvenuta, necessaria da almeno trent’anni, impossibile da realizzare in parlamento: questi, secondo il segretario del Partito Radicale Maurizio Turco, i motivi per cui è necessario intervenire sulla giustizia attraverso i sei referendum depositati oggi in Corte di Cassazione dal suo partito e dalla Lega. I quesiti, per i quali verranno raccolte le firme a partire da luglio, riguardano la responsabilità civile dei magistrati, la separazione delle carriere, la custodia cautelare, l’abrogazione della legge Severino, l’abolizione della raccolta firme per candidarsi al Csm e l’abrogazione della norma che darebbe la possibilità ad avvocati e ai professori universitari membri dei Csm distrettuali di esercitare il diritto di voto sulle valutazioni professionali dei magistrati.

Maurizio Turco, cosa cambierebbe nella giustizia, se i sei referendum fossero approvati e vinti?

Attraverso la campagna referendaria molti cittadini, che non hanno avuto la sfortuna di incontrare la giustizia e dunque cosa può capitare in un tribunale, possono conoscere questa giustizia, sottoscrivere e decidere. Si chiama referendum popolare perché il popolo legifera e fa presente ai propri rappresentanti che sono rappresentati male. Per esempio il referendum sulla responsabilità civile, con cui cerchiamo di affermare il principio per cui un cittadino può rivalersi direttamente su un magistrato che giudica male, e non solo sullo Stato, è un referendum che portiamo avanti dal 1986. L’ottanta per cento dei cittadini votò a favore della responsabilità, ma un anno dopo il parlamento tradì la volontà popolare e fece quello che volevano i magistrati.

È un problema di indipendenza della politica, prima ancora che della magistratura?

Quando la politica rinuncia a una delle sue prerogative mette in pericolo la democrazia, e noi da anni ripetiamo che la democrazia non è in pericolo, è stata uccisa. Quando si è parlato di referendum la reazione immediata dei partiti, quelli che hanno giocato una partita sporca con la magistratura, è stata subito di chiedere una riforma fatta in parlamento. Ma perché dovrebbero farla ora, dopo trent’anni che la chiediamo?

Appunto: perché non attendere il parlamento? Il ministro della Giustizia Marta Cartabia sta lavorando proprio a una riforma.

Cartabia deve lavorare a una riforma non perché abbiamo capito che va riformata la giustizia, ma perché se non si fa non arriva il prestito da Bruxelles. Noi abbiamo incontrato il ministro, ma la sua riforma non tocca i punti del referendum. Se c’è una maggioranza in grado di fare le riforme chieste dai referendum per noi è solo un risparmio di tempo, impiegato a raccogliere le firme lungo tutta l’estate, e soldi. Ma ci crediamo poco, perché sarebbe strano che dopo trent’anni in cui non si è fatto nulla poi affrettassero una riforma per evitare il referendum.

Perché sostiene che i partiti non vogliano il referendum?

Perché il responso potrebbe essere che gli elettori di alcuni partiti non sono in sintonia con la dirigenza. PD e M5S saranno sorpresi da come si comportano i loro elettori.

Ha visto dei movimenti particolari tra gli elettori di quei partiti?

No, vedo lo stato della giustizia: ci sono 22 mila persone in attesa di giudizio in carcere, dunque innocenti secondo quello che prescrive la Costituzione, e di questi un’esigua minoranza dovrebbe stare in carcere perché potrebbe fuggire o reitare il reato. Invece che su questo ci si concentra sul fatto che noi del Partito Radicale facciamo campagna con Salvini, ma penso che nel momento in cui Salvini denuncia che ci siano degli innocenti in carcere, questa sia un’evoluzione importante.

Però la Lega non è mai stata tenera con chi affronta un processo. In fondo è il partito che chiedeva il reato di immigrazione clandestina, e che dal ‘92 non è mai stato tenero con i politici finiti sotto inchiesta.

Salvini è in fase di rinnovamento, come tutto il suo partito: dovremmo festeggiare che stia diventando garantista. È una risposta a chi piace avere una Lega giustizialista, perché in fondo fa comodo. Noi non siamo garantisti, siamo per lo stato di diritto e per la giustizia, non per il garantismo: cosa garantisci, se leggi e procedure sono sbagliate?

Ci sono dei processi in corso, o delle procure in particolare, che sarebbero influenzati dai referendum?

I referendum sono l’inizio della riforma, che non si può fare solo con l’abrogazione di leggi. Se ci sarà una risposta popolare forte ci saranno proposte propositive per riformare la giustizia. Avremmo dovuto fare duecento referendum per avere una riforma della giustizia: questa è una prima tappa, che non finisce con il voto. Inizia tutto con il voto, sarà un’inversione di tendenza, con una giustizia più rispondente a quello che dice la costituzione.

Perché introdurre avvocati e professori di diritto nei Consigli distrettuali che valutano i magistrati?

Chi meglio degli avvocati conosce come lavorano i magistrati? Abbiamo visto che la valutazione dei magistrati non funziona, tanto è vero che il 98 per cento dei magistrati è valutato come eccellente: è sempre un collega che ti valuta e domani dovrai valutarlo tu. C’è un conflitto. Bisogna smetterla con le correnti: nella magistratura minano la stessa istituzione, tanto è vero che ogni volta che se ne parla si dice che la politica vuole delegittimare la magistratura. Ma non è vero: è la magistratura che si delegittima da sola.


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