PALERMO – “… si davano i soldi a Nino Marchese, dicendo che Nino Marchese era qua e non era qua, poi Michele si è andato ad informare con Giuseppe il Prestifilippo e gli ha detto ‘no, non è qua Nino Marchese…'”. Le parole intercettate di Ignazio Ingrassia, il “boiacane” arrestato con l’accusa di essere il consigliere anziano dei boss Greco di Ciaculli, toccano un tema centrale per Cosa Nostra: il sostegno economico dei carcerati e dei loro familiari. Se si spezza la catena di solidarietà la mafia, già fiaccata, rischia il tracollo definito.
Gli ergastolani da aiutare
Nino Marchese, ergastolano dal 1983, è solo uno dei detenuti che gravano sulle casse del’organizzazione. In quel momento si discuteva se dovesse essere a carico della famiglia di Corso dei Mille o i Ciaculli. “Era a disposizione di mio zio…”, diceva Giuseppe Greco, che ha preso dal padre il soprannome di senatore, e che i carabinieri del comando provinciale di Palermo piazzano alla guida del mandamento di Ciaculli.
Ingrassia faceva altri nomi nella lista dei “campati” dalla famiglia di Corso dei Mille, che del mandamento fa parte: “…quali soldi si stanno prendendo al Corso, al Corso dei Mille per darglieli ai nostri carcerati? I nostri carcerati erano ‘Bruciamontagna’… u La Rosa… Michele e Gaetano…”.
Stava parlando di Salvatore Prestifilippo detenuto a Parma, Filippo La Rosa a Tolmezzo, Michele Greco (e cioè Leandro Greco, cugino di Giuseppe, che preferisce farsi chiamare con il nome del nonno, il papa di Cosa Nostra) a Spoleto, mentre Gaetano non è stato ancora identificato.
Il carceriere di Di Matteo e il killer di Bagarella
Nelle conversazioni di Maurizio Di Fede, arrestato dalla squadra mobile con l’accusa di assere il capo della famiglia di Roccella, si parlava spesso di soldi da fare pervenire ai familiari degli ergastolani Luigi Giacalone (uno dei carcerieri del piccolo Giuseppe Di Matteo il bambino rapito e strangolato nel tentativo di zittire il padre collaboratore di giustizia) e Salvatore Faia (killer del gruppo di fuoco di Leoluca Bagarella e in carcere dal 1995).
L’ergastolano Antonino Mangano riceve la mesata ormai da trent’anni. Ed ancora nel libro paga ci sono Ludovico Castelli e Amedeo Florulli. Quest’ultimo è uscito dal carcere, ma continuerebbe a ricevere un aiuto economico.
Le donne battono cassa
A volte sono le donne ad avanzare le richieste: “Che ci deve fare la moglie di Amedeo? Confronto a Concetta
signora è. Quella è capace che arriva e gli va a chiedere i soldi”.
Una lista con 18 nomi
Ad un certo punto, però, si decise di fare dei tagli. Di Fede parlava della decisione di “quello di là sopra” di non
sostenere più alcuni carcerati (il napoletano e un tale Alessio). Di fede spiegava a Stefano Marino, che qualcuno di importante “dice “c’è gente che ha l’ergastolo e soldi non gliene arrivano… E questi quattro scafazzati
che neanche sappiamo chi sono… gli dobbiamo dare i soldi? Dice… ha detto di portare la lista perché dobbiamo
tagliare”.
E si misero a stilare l’elenco: “… te la porto… perché la scrivo… l’ho tutta in testa… porto un pezzo di carta ed una
penna… la scriviamo così qua stesso poi la tagliamo e la bruciamo”. Una lista, in effetti, è finita nelle mani dei poliziotti. Ci sono diciotto nomi, fra carcerati e gente tornata libera. In un solo mese, a maggio (non si sa di quale anno) le uscite ammontavano a 11 mila euro.