CASTELVETRANO – Dapprima si è scritto, un bracciante agricolo e morto a causa di un rogo in una baraccopoli a Campobello di Mazara, poi sono scomparse le parole bracciante agricolo e si è scritto un senegalese. Forse perché nell’immaginario collettivo un extracomunitario è uno che deve vivere senza particolari e specifiche qualifiche.
È drammatico quello che è successo stanotte in un’area abbandonata tra Castelvetrano e Campobello di Mazara , in contrada Bresciana, ed è triste leggere come stiamo raccontando questa storia. Proprio oggi che sui giornali si torna a scoprire il dramma delle morti sul lavoro per via delle dieci vittime nel giro di 24 ore e dei quasi 700 morti del 2021, la morte del senegalese bracciante agricolo, in conseguenza del rogo della baraccopoli dove risiedono 300 extracomunitari, non è trattata per quella che è ossia incidente sul lavoro. Già, forse perché è difficile definire lavoro quello che ogni anno di questi tempi anima le campagne di Campobello di Mazara, cuore della Valle del Belice, terreni storicamente destinati e occupati da alberi olivo, qui si coltiva la famosa “nocellara “ del Belice, qui il mafioso Matteo Messina Denaro si è riempito le tasche con i guadagni delle grosse imprese che non erano vittima del racket ma sovvenzionavano Cosa nostra con tanto di assabinirica per i boss.
Come definire lavoro un lavoro che non c’è? Niente contratti, niente sicurezza per chi lavora qui, tutto sotto l’occhio delle istituzioni, Comune per primo. C’è stato il morto, l’ennesimo, ma non è trattato come incidente sul lavoro . È scoppiato un rogo ma non c’è il reato di omicidio causato da assenza di misure di sicurezza. Abusivo il lavoratore è abusivo il campo. Nel 2013 un altro rogo e un’altra vittima, anche lui senegalese, si chiamava Ousmane aveva 25 anni, quando il campo, più tendopoli che baraccopoli era altrove, tende nel fango delle campagne. L’anno successivo una serie di associazioni, capeggiate da Libera, istituzioni pubbliche, la Diocesi di Mazara , forse c’era anche la protezione civile ma non la CRI, allestirono un campo, dedicandolo ad Ousmane, dentro un oleificio sequestrato alla mafia, alle porte di Campobello. Esperienza condivisa e sostenuta dal Tribunale delle misure di prevenzione quando era presieduto dal giudice Piero Grillo e dall’allora prefetto Leopoldo Falco. Ma il tentativo di mettere assieme e al sicuro, ad ogni stagione di raccolta delle olive , il migliaio di operai, tutti extracomunitari, è durato poco.
Dapprima la popolazione di Campobello si mosse contestando il campo perché troppo vicino alla città. Ci fu chi denuncio furti, tentativi di effrazione, violenze, tutto falso, quelli con la pelle diversa non erano tollerati così vicino alle case, sfruttati in campagna invece si. Poi qualcuno pose il problema se accogliere tutti o solo quelli regolari con soggiorno e contratto, poi alcune etnie non volevano stare insieme ad altre, poi sono insorti le questioni su chi dovesse essere responsabile del campo, infine il Covid ha reso tutto impossibile, l’anno scorso la Cri ha dato forfait perché nessuno ha voluto pagare il servizio, 25 mila euro, nel 2019 la cifra era attorno a 18 mila euro. È così questi lavoratori, perché tali sono, il colore della pelle non può determinare la scomparsa di questo titolo, sono tornati ad accamparsi dove hanno potuto. L’area che una volta fu sede di un impianto di produzione di calcestruzzo, è stata negli ultimi anni il luogo scelto da questi operai. Accampati forse è parola che rende bene l’idea per il degrado in mezzo al quale queste persone vivono. L’anno scorso stavano anche morendo di sete e non potevano nemmeno lavarsi.
L’associazione Libera porto l’acqua ed allora anche il Comune di Castelvetrano , nel cui territorio ricade l’ex cementificio, si decise a mandare le autobotti. Per l’anno in corso in prefettura sono cominciate le riunioni, ma anche se la raccolta di olive non è cominciata, gli operai arrivati sono già quasi trecento. Stanotte uno di loro è morto. Ancora non si sa come si chiamasse e quanti anni aveva, dicono che era un senegalese. E che causa del rogo alle 22,30 di ieri, un fornello ondato a fuoco. Le fiamme hanno incenerito tutto quello che c’era in questo posto, un’area di tremila metri quadrati. Dove c’era questa baraccopoli tra cenere e resti ancora infuocati, i carabinieri stanno facendo il sopralluogo, il corpo della povera vittima è coperto. Fuori gli operai che vivevano li stanno protestando, qualcuno adesso dovrà dare loro un tetto, senza più tergiversare.